Fisco e contabilità

Terreni, per la destinazione «vale» il piano regolatore

Per la destinazione di un’area è sufficiente verificare il piano regolatore a nulla rilevando eventuali provvedimenti necessari per l’attuazione. A confermare questo rigoroso orientamento è la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20817, depositata ieri.

Il caso
L’agenzia delle Entrate aveva notificato a una società un avviso di liquidazione per maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale per un atto di compravendita di un terreno . In particolare, l’ufficio aveva valutato l’area al valore venale e non in base alla rendita catastale nel presupposto che lo stesso era stato destinato a cava nel relativo piano regolatore e non era a destinazione agricola.
Il provvedimento era stato impugnato dinanzi al giudice tributario che per entrambi i gradi di merito aveva confermato la legittimità dell’operato dell’Agenzia.
Il contribuente aveva quindi fatto ricorso in Cassazione lamentando che il terreno oggetto di compravendita era stato considerato adibito a cava nonostante lo strumento urbanistico vigente non prevedesse ancora l’autorizzazione all’estrazione. Ne conseguiva che l’area era agricola.

La decisione
La Cassazione ha rilevato che secondo l’articolo 36 del Dl 223/2006, attraverso un’interpretazione autentica, ha disposto che la qualificazione di un’area va desunta dal piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile senza che rilevino eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità.
Ne consegue che la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico avvenuta in epoca successiva è irrilevante atteso che la valutazione del bene va compiuta al momento del suo trasferimento. Quando un suolo è avviato all’edificabilità è implicita un’impennata del suo valore, ovviamente considerando tutte le specifiche particolarità che possono caratterizzare la zona. Ai fini fiscali, rileva così lo stato di fatto del terreno secondo lo strumento urbanistico a prescindere da tutto ciò che poi possa occorrere per la concreta edificabilità. Nella specie, il terreno oggetto di compravendita era stato inserito nel piano cava approvato dal consiglio regionale e pertanto occorreva escludere la natura agricola dello stesso. Risultava inoltre del tutto irrilevante che poi fosse necessario per l’effettivo sfruttamento altre autorizzazioni.

L’ordinanza della Corte di cassazione n. 20817/2017

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