Fisco e contabilità

In manovra doppia partita per i conti regionali – Tecnici al lavoro per frenare il taglio da 2,7 miliardi

Sette-ottocento milioni sul fondo sanitario, e un intervento per ammortizzare i 2,7 miliardi che l’anno prossimo vengono a mancare nei bilanci extra-sanità. È pesante il conto presentato ieri mattina dalle Regioni nell’incontro pre-manovra con il premier Paolo Gentiloni, ma il clima non è di rottura. «Abbiamo trovato piena disponibilità al confronto», spiega all’uscita Stefano Bonaccini (Pd), presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni, e i tecnici sono al lavoro alla ricerca di soluzioni.
Per tutta la manovra, del resto, è il momento degli sforzi di equilibrismo per far andare d’accordo i numeri leggeri a disposizione e le esigenze più o meno pesanti dei diversi capitoli. Il menu in allestimento è stato ieri al centro di un nuovo incontro a Palazzo Chigi fra Gentiloni e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, alla vigilia delle riunioni di Eurogruppo ed Ecofin di lunedì e martedì dov’è atteso un nuovo round del confronto sui «margini di flessibilità» che saranno utilizzati dalla commissione nel giudizio sui progetti di bilancio nazionali. L’ottica è quella di «conciliare sviluppo e finanze sane», ribadisce il titolare dell’Economia mentre dalla nota mensile dell’Istat arrivano «aspettative di crescita favorevoli», con un «rafforzamento della ripresa» suggerito anche dal miglioramento degli indici anticipatori sulla fiducia di consumatori e imprese.

Incentivi alle assunzioni di giovani
Il tentativo di allargare un po’ la griglia degli stanziamenti presentati dal governo martedì scorso in Parlamento parte dagli incentivi alle assunzioni di giovani. Il dossier incrocia le diverse ipotesi fra i tetti allo sconto del 50% sui contributi per i primi tre anni e i limiti di età ma fra gli «obiettivi», come confermato ieri dal ministro della Coesione territoriale Claudio De Vincenti, c’è anche la proroga del taglio integrale dei contributi per le nuove assunzioni al Sud. Sul tavolo ci sono poi gli incentivi alla formazione di chi è già al lavoro, un aumento nella detassazione della produttività in busta paga, una spinta alle retribuzioni dei dirigenti scolastici per avvicinarli alle medie degli altri vertici amministrativi e lo sblocco degli scatti per i docenti universitari (si veda pagina 10).
Ricco è anche il capitolo sanitario, anticipato dalle discussioni dei giorni scorsi su possibili interventi sul super-ticket da 10 euro per diagnostica e visite specialistiche. Oltre che ricucire a sinistra, però, la manovra è chiamata a far tornare i conti della sanità, dove si gioca la doppia partita dei contratti e dell’edilizia sanitaria. L’anno prossimo il fondo sanitario dovrebbe salire a 114 miliardi, con l’aumento da un miliardo già deciso lo scorso anno, ma sul budget pesano almeno 600 milioni per il rinnovo dei contratti e 604 milioni di «contributo alla finanza pubblica» di cui finora le Regioni autonome non hanno voluto farsi carico (l’obbligo c’è ma serve un accordo con il governo, come sancito dalla Consulta). «In questo modo - sostiene Massimo Garavaglia, l’assessore al bilancio della Lombardia che coordina gli assessori regionali sui conti - mettere a rischio i Livelli essenziali di assistenza. Per fare davvero un buon lavoro - conclude Garavaglia - servono almeno 7-800 milioni in più». In ballo, tra l’altro, c’è la piena attuazione del Dm 70/2015 sulla riorganizzazione degli ospedali, che secondo gli amministratori rischia di saltare senza soldi in più.

I bilanci regionali
Anche lontano dagli ospedali, del resto, i bilanci regionali sono pieni di incognite per le ricadute dei tagli progressivi decisi con la manovra 2015. L’anno scorso la questione valeva 1,7 miliardi, ed è stata tamponata con uno stanziamento di cassa che i governatori hanno dovuto accantonare per non incidere sull’indebitamento netto. La montagna, però, cresce, e arriva nel 2018 a 2,7 miliardi, anche per la mancata replica del «bonus investimenti» da 400 milioni previsto una tantum dalla manovrina di aprile. Sul punto, le Regioni chiedono di poter sbloccare almeno una parte dei “risparmi obbligatori” vincolandoli agli investimenti, e le opzioni tecniche non mancano. Ma non devono toccare il terreno minato dell’indebitamento strutturale della Pa.

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