Fisco e contabilità

La catena infinita del «pre-dissesto»

Chi ama “vincere facile” può scommettere che nel passaggio parlamentare della legge di bilancio si tornerà a discutere di correttivi alle regole dei piani anti-dissesto. È ormai un appuntamento fisso di ogni manovra e di ogni decreto enti locali, i due appuntamenti ormai canonici che scandiscono l’anno della finanza comunale; e la legge di bilancio 2018 non farà eccezioni, perché tempi di ripiano e termini di chiusura continuano a essere al centro delle richieste di modifica da parte degli amministratori locali.

I piani di riequilibrio già avviati
A parte gli aspetti di merito, all’interno di una procedura complessa nella sua definizione e nei controlli interni ed esterni che comporta, c’è però un effetto collaterale di cui finora si è parlato poco. Ogni modifica delle regole porta con sé la possibilità di ripensare i piani di riequilibrio già avviati, in una catena che rischia di essere eterna.

Il caso di Messina
Per accorgersene basta fare un salto a Messina. A decidere di agganciare la Città dello Stretto alle procedure del «piano di riequilibrio finanziario pluriennale» è stato il commissario straordinario Luigi Croce.
Correva il novembre 2012, e l’ex procuratore capo si era appena insediato dopo le dimissioni di Giuseppe Buzzanca (Fi), uscito dal Comune per candidarsi (senza successo) alla Regione. Da allora sono passati cinque anni, in larga parte coperti dal sindaco Renato Accorinti (eletto a giugno 2013), vari assessori si sono succeduti alla guida del bilancio: ma il giudizio definitivo del piano da parte della Corte dei conti non è ancora arrivato.
A spiegare i tempi biblici della procedura non è una particolare svogliatezza dei magistrati contabili, e nemmeno alle complessità tipiche della politica siciliana. Il problema è nazionale, e si spiega proprio con le modifiche continue alle regole dell’anti-dissesto. A giugno del 2013 il decreto enti locali di quell’anno ha permesso la prima rimodulazione del piano; ad agosto il decreto sull’Imu ha fatto slittare ancora i termini, poi è cambiato il calendario per la riproposizione, in seguito è intervenuto il riaccertamento straordinario dei residui, chiesto dalla riforma della contabilità, e il conseguente inserimento del disavanzo straordinario nei calcoli dei ripiani.
E ogni volta, è dovuta ripartire da capo la strada che parte dalle decisioni degli amministratori locali, passa attraverso l’istruttoria da parte del ministero dell’Interno e arriva al giudizio sulla correttezza o meno del piano da parte della Corte dei conti.
Quello di Messina è un caso particolare all’interno di un paradosso più generale: il piano di riequilibrio, fatto di aumenti di tasse e obiettivi di riduzione di spesa per rimettere in asse strutturalmente i conti dei comuni, è nato come misura di emergenza per evitare il rischio di default locali a catena. Ma un’emergenza non può viaggiare al rallentatore in un percorso infinito.

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