Fisco e contabilità

La Corte dei conti boccia il restyling del piano di riequilibrio del Comune di Napoli

di Ettore Jorio

La rimodulazione del piano di rientro del Comune di Napoli consentita dalla legge di stabilità 2016 non va affatto bene e va integrata, pena il default. È quanto sancito dalla imponente delibera n. 240 della Sezione regionale di controllo per la Campania, depositata ieri. I giudici contabili contestano, tra l'altro (elusioni del patto di stabilità 2014 e del saldo di finanza pubblica 2016), con una puntualità chirurgica: l'inammissibilità della riformulazione e rimodulazione del piano, in relazione agli strumenti legislativi cui la stessa ha fatto riferimento (legge 208/2015, articolo 1, commi 714 e 714-bis); l'incongruità della rimodulazione/riformulazione effettuata sul piano originario, perché viziata dalla erroneità del riaccertamento straordinario funzionale al passaggio della nuova contabilità imposta dal vigente Dlgs 118/2011; un grave inadempimento degli obiettivi intermedi fissati nel piano di riequilibrio originario, per le annualità 2015 e 2016.
Rilievi importanti, che in altri tempi sarebbero stati per chiunque decisivi per la dichiarazione di dissesto, oggi attenuati, dal momento che è stata richiesta all'Amministrazione partenopea di rivedere il tiro. Come? Rielaborando il riaccertamento dei residui contestato e di porre in essere, entro 60 giorni, tutte le misure correttive volte a superare le criticità rilevate. Insomma, non una sonora bocciatura ma un rinvio agli esami di riparazione. Ciò nonostante i gravi vizi rilevati, nelle 105 pagine di cui si compone la delibera, e i dubbi espressi sulla congruità del risultato ottenuto attraverso il riaccertamento straordinario obbligatorio e sulla correlata quantificazione dei fondi.

I rilievi
Errori marchiani, quelli commessi dal Comune di Napoli, che sono costati tantissimo ad altri Comuni rei delle stesse «disattenzioni», per l'occasione dissestati. Tra questi, l'inesatta appostazione in bilancio del fondo di rotazione (articolo 423-ter del Tuel), inizialmente goduto, che ha determinato una fittizia riduzione del disavanzo pregresso e quindi, un ingiusto incremento della capacità di spesa per l'annualità successiva. E ancora. Ha determinato una consistente sottovalutazione dei rischi afferenti alle passività, dimostratasi tale a seguito dei debiti fuori bilancio emersi per diverse centinaia di milioni di euro (650 per l'esattezza).
Il tutto allo scopo, secondo il giudizio della Sezione della Corte dei conti, di proiettare sugli esercizi futuri le passività relative e i verosimili debiti fuori bilancio, entrambi elusi così dal pregresso disavanzo da dovere ripianare, rappresentato nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale. Insomma, sono emersi alcuni escamotage per passare l'esame, prontamente sottolineati in blu dal magistrato contabile.

Al lavoro per evitare il dissesto
Dunque, ci sarà un bel da farsi per la già Capitale dell'omonimo Regno per evitare la dichiarazione di dissesto. Del resto, viste le sue condizioni c'era da aspettarselo. Così come è verosimile che accada a tantissimi altri Comuni, sino ad oggi salvatisi per il rotto della cuffia dal fallimento, grazie alle provvidenziali rimodulazioni concesse. A molti di questi capiterà la stessa sorte di Napoli.
A proposito delle intervenute rimodulazioni, cui però non hanno fatto seguito le approvazioni oppure le bocciature della competente Sezione regionale di controllo, il legislatore dovrebbe concedere ai Comuni, ancora in attesa dell'esito (del tipo Lamezia Terme), la chance legislativa di uscire anticipatamente dalle ganasce della procedura, ricorrendo ovviamente le condizioni della conseguita autonoma sostenibilità del loro bilancio.

La delibera della Corte dei conti Campania n. 240/2017

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