Fisco e contabilità

Ici sui capannoni, i tagli ombra cadono anche in Corte d’appello

Si allunga la lista dei tribunali che bocciano i criteri di calcolo del contributo compensativo Ici adottati dai ministeri delle Finanze e dell’Interno, che hanno comportato un taglio di trasferimenti ai Comuni per circa 300 milioni di euro.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza 4579/2017, conferma la sentenza di primo grado che aveva visto vittorioso il Comune di Monza, e rinforza la strada interpretativa già intrapresa dai tribunali di Torino, Venezia e Bologna.

La norma incriminata
Per capire i termini della questione occorre partire dalla norma incriminata, ovvero l’articolo 64 della legge 388/2000. La regola prevedeva dal 2001 la compensazione, con trasferimenti statali, del minor gettito Ici registrato a seguito dell’autodeterminazione della rendita catastale mediante Docfa presentato dal contribuente. In altri termini, i fabbricati di categoria D, come i capannoni, sprovvisti di rendita, erano valorizzati a scritture contabili, ma a seguito dell’attribuzione della rendita la base imponibile catastalizzata è risultata quasi sempre molto inferiore a quella calcolata sui valori di bilancio, determinando una perdita di gettito Ici; compensata, a partire dal 2001, con un trasferimento statale.
La normativa, tuttavia, poneva due paletti. Il trasferimento poteva essere richiesto solo per perdite di gettito superiori a 1.549,37 euro e allo 0,5 per cento della spesa corrente. Il problema nasce proprio dai vincoli, ovvero se questi devono essere rispettati considerando l’ammontare complessivo della perdita di gettito, cumulando anche quelle registrate negli anni precedenti, oppure se occorre considera esclusivamente la perdita registrata nell’anno.
Fino al 2009 si sono sempre cumulate tutte le perdite, ma nel gennaio del 2009 i ministeri dell’Economia e dell’Interno hanno adottato unilateralmente il criterio più restrittivo, basato sulle perdite del singolo anno, senza cumulare quelle pregresse. Questa nuova metodologia non solo ha impedito ai Comuni di poter certificare le nuove singole perdite, bloccate dal paletto dello 0,5% della spesa corrente, ma ha anche attivato un recupero dei trasferimenti già erogati ai Comuni.

La decisione
Proprio questo cambio di rotta è stato bocciato nei Tribunali prima e in Corte d’appello ora. Adesso si tratta di capire quali strade i ministeri vorranno seguire; se cioè vorranno continuare nel contenzioso, e arrendersi solo con una sentenza passata in giudicato, oppure prendere atto dell’errore commesso e rimediare. Ovviamente, il rispetto dei principi di equità e di buon andamento dell’amministrazione vorrebbe che si riprendesse in mano tutta la partire relativa al periodo 2001-2011 e si attivassero, come auspicato da Ifel nella nota del 29 giugno 2017, le restituzioni delle quote già recuperate, permettendo a tutti i Comuni, e non solo a quelli che hanno intrapreso il contenzioso, di riformulare le proprie certificazioni.
Questa esperienza dovrebbe poi insegnare qualcosa, perché nel tempo è cresciuto il novero dei casi in cui i Comuni subiscono perdite di gettito a causa di criteri di stima o di quantificazione “inventati” sui tavoli ministeriali, senza confronto con gli enti che pure possiedono i dati puntuali. A conferma basta citare gli errori commessi in sede di quantificazione del gettito Ici, acclarati dal Consiglio di Stato con sentenza 5008/2015, che sta dando luogo ad una restituzione in dieci quote annuali all’interno del fondo di solidarietà comunale.

La sentenza della Corte d’appello di Milano n. 4579/2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©