Fisco e contabilità

Tesoreria unica statale, la Consulta boccia l'Agenzia sarda delle entrate

di Pietro Verna

Il regime della tesoreria unica statale (articolo 1 della legge 29 ottobre 1984 n. 720, come modificato dall'articolo 35, comma 8, della legge 24 marzo 2012 n. 27), in forza del quale le entrate di spettanza regionale provenienti dallo Stato devono essere versate presso conti speciali infruttiferi intestati alle Regioni e gestiti dalla Banca d'Italia, non può essere oggetto di modifiche o di integrazioni da parte delle Regioni, incluse quelle a Statuto autonomo. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con la sentenza n. 245/2017.

La norma
Con l'enunciazione di questo principio, la Consulta ha dichiarato incostituzionali gli articoli 1, comma 5 e 9, comma 3, lettera a), della legge della Regione autonoma Sardegna 28 ottobre 2016 n. 25 (Istituzione dell'Agenzia sarda delle entrate- ASE), secondo cui:
• « presso [l'Agenzia sarda delle entrate] affluiscono le entrate spettanti alla Regione ai sensi dell' articolo 8 dello Statuto regionale e delle relative norme di attuazione, anche quali quote delle compartecipazioni al gettito erariale corrisposte mediante riversamento diretto, le quote delle compartecipazioni al gettito erariale corrisposte mediante riversamento diretto, nel rispetto dell' articolo 2 del decreto legislativo 9 giugno 2016, n. 114 (Norme di attuazione dell'articolo 8 dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di entrate erariali regionali). La Giunta regionale, con propria deliberazione, assunta su proposta dell'Assessore competente in materia di entrate, individua le modalità e i tempi di riversamento nelle casse regionali e disciplina i relativi flussi informativi»;
• la stessa Agenzia «riversa nelle casse regionali le entrate di competenza, con le modalità e i tempi stabiliti con deliberazione della Giunta regionale adottata su proposta dell'Assessore competente in materia di entrate».
Una norma che - argomenta la Corte - è in “frontale” contrasto con l'articolo 117, comma 2, lettera e), della Costituzione («lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di sistema tributario e contabile») nonché con l' articolo 2 del decreto legislativo 114/2016, che rimanda ad un decreto Ministro dell'economia e delle finanze, adottato d'intesa con la Regione, l'individuazione dei tempi, delle procedure e delle modalità volti a garantire il riversamento diretto nelle casse regionali del gettito delle entrate erariali riscosso dall'Agenzia delle entrate, dagli agenti della riscossione e da qualunque altro soggetto cui affluiscono le entrate spettanti alla Sardegna. Norma che, nel prevedere la diretta affluenza all'Ase delle spettanze regionali, ha introdotto «un passaggio intermedio che contrasta con il riversamento diretto di tali risorse dallo Stato alle casse regionali disposto dalla norma statutaria di attuazione».

Cornice giurisprudenziale
La pronuncia ribadisce il consolidato indirizzo della giurisprudenza costituzionale, secondo cui:
• le disposizioni legislative statali in materia di tesoreria unica si applicano sia alle Regioni a statuto ordinario, sia a quelle a statuto speciale, tra le quali vi è una piena equiparazione (ex multis, sentenza n. 256 del 2013);
• il sistema di tesoreria unica è uno strumento essenziale per assicurare il controllo della liquidità di cassa, a disciplinare i flussi finanziari nonché a contenere il fabbisogno finanziario dello Stato ( sentenze n. 171 del 1999 e n. 412 del 1993), con la conseguenza che la relativa disciplina rientra tra le scelte di politica economica nazionale, la cui determinazione spetta alla potestà legislativa statale (sentenza n. 311 del 2012). Sentenza, quest'ultima, con la quale la Consulta, pronunciandosi sui ricorsi promossi dalle Regioni Piemonte, Veneto, Toscana e dalla Regione siciliana nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 35, comma 8, della legge n. 27/2012 (estensione del regime di tesoreria unica alle Regioni e agli enti locali) ha rilevato che tale previsione opera su più fronti. In primis produce l'effetto immediato di riversare liquidità nelle tesorerie erariali, «al fine di ridurre il fabbisogno finanziario, cioè l'ammontare per cui lo Stato deve […] ricorrere all'indebitamento mediante l'emissione di titoli» e, in secondo luogo, detta una misura di gestione della liquidità, tramite la quale ingenti somme presenti nel sistema bancario vengono depositate nelle Tesorerie provinciali, con l' obiettivo dichiarato di emettere una minore quantità di titoli di Stato e di ridurre il differenziale (spread) tra il tasso d'interesse dei titoli italiani e quello, più basso, di titoli emessi da altri Paesi ( in particolare la Germania). Il tutto – argomenta la sentenza- senza incidere «sulla disponibilità delle risorse di Regioni ed enti locali, che sono comunque tenuti a contribuire al contenimento del fabbisogno finanziario del settore pubblico allargato».

La sentenza della Corte costituzionale n. 245/2017

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