Fisco e contabilità

Solo Venezia batte Roma nella corsa dei costi

Ormai da tempo la raccolta dei rifiuti a Roma oscilla fra la difficoltà “ordinaria” e l’emergenza, e a farla passare da una condizione all’altra basta un picco di presenze turistiche o un inciampo in uno dei tritovagliatori soffocati dall’immondizia.

La geografia nazionale della spesa
Nella classifica della Tari a carico dei residenti, però, la Capitale è superata solo da Venezia, dove però i costi strutturali sono imparagonabili con quelli delle altre città per due ovvie ragioni: raccogliere e trasportare i rifiuti in Laguna è più complicato, e i calli di Venezia ospitano 10,5 milioni di turisti all’anno in una città da 264mila abitanti. A Roma le presenze turistiche annuali sono 25 milioni, cioè 2,4 volte in più, ma gli abitanti sono 2,8 milioni: dieci volte tanto. E nelle grandi città messe in fila dai costi dell’igiene ambientale dietro a Roma (270,4 euro ad abitante) si incontra Napoli (239,4 euro pro capite), mentre Milano, Torino e Bologna occupano le zone medio-basse di una graduatoria chiusa da Trieste (161,1 euro). Fra le città medie (sotto i 200mila abitanti) primeggia Cagliari, dove gli aumenti dell’anno scorso hanno acceso una polemica in cui l’amministrazione si è difesa spiegandoli con gli investimenti per il nuovo sistema di raccolta porta a porta: stando ai preventivi, l’anno prossimo la spesa dovrebbe scendere del 27% rispetto al 2017, passando da 54,4 a 39,5 milioni.

Le variabili in gioco
Sono proprio i dati dei bilanci comunali, però, a disegnare una geografia nazionale della spesa che si fa fatica a intrecciare con i livelli del servizio per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Attenzione: l’indicatore utilizzato in questa pagina (dati dei bilanci 2017) non mostra la bolletta effettiva spedita alle famiglie, ma per misurare la quantità della spesa locale complessiva mette a confronto la popolazione di ogni Comune con i soldi messi a bilancio alla voce «rifiuti».
Le variabili in gioco sono molte, dalle presenze turistiche al livello di incidenza di esercizi commerciali e imprese (che ovviamente pagano di più): ma tra loro non sembra fare capolino la qualità del servizio. Anzi.
Lo stesso indicatore (ma con i dati del 2015) è stato utilizzato dalla commissione bicamerale d’inchiesta per mettere a fuoco un paradosso curioso: come spiegano i parametri dei costi standard, la raccolta differenziata dovrebbe aumentare i costi del servizio, perché richiede più manodopera e turni di raccolta. La realtà dei conti mostra invece il contrario, perché al crescere dei tassi di differenziata diminuiscono le tariffe, e le città più “care” sono spesso quelle dove la raccolta differenziata arranca.

Costi e servizio
Il fatto che costi e qualità del servizio non vadano troppo d’accordo alimenta un altro dei primati della Tari, il tasso di evasione. Nel fisco locale la tassa dei rifiuti è la regina dei mancati pagamenti, che fanno sfuggire poco meno di un euro su quattro e soprattutto al Sud sono una piaga: secondo la commissione, ai capoluoghi del Nord sfuggono in media 18,8 euro ogni cento, al Centro il tasso di evasione si ferma al 14,6% mentre nel Mezzogiorno si impenna al 42,9 per cento. Con un problema in più: fra i «costi del servizio» da coprire con la tariffa ci sono anche gli accantonamenti necessari a coprire i buchi della riscossione, con un meccanismo che nella Tari rende ancora più diretto il classico effetto collaterale dell’evasione: chi paga regolarmente, si fa carico anche delle quote di chi non paga mai.

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