Fisco e contabilità

In Regioni ed enti locali avanzi da «sbloccare» per 16,2 miliardi

Nelle pieghe dei bilanci locali si nasconde una minaccia potenziale da 16,2 miliardi. Si tratta degli «avanzi di amministrazione», cioè dei risparmi accumulati dagli anni precedenti che le regole di finanza pubblica impediscono di spendere, e che per la Corte costituzionale vanno liberati. A fare i conti è l’Ufficio parlamentare di bilancio: nel suo Focus analizza cause e conseguenze possibili di un problema che agita le stanze della Ragioneria generale e appassiona gli addetti ai lavori. Ma non serve essere esperti di contabilità pubblica per capirne l’aspetto sostanziale. Regioni, comuni, province e città metropolitane hanno nei loro bilanci “risparmi” complessivi per 16,2 miliardi (10,8 le regioni, 5,3 gli enti locali, fra i quali primeggiano i 3,7 miliardi dei comuni); ma questi soldi non contano per il pareggio di bilancio, cioè per l’obiettivo assegnato dalle manovre a ogni ente territoriale. Se contassero, ogni euro in più nella colonna dell’entrata permetterebbe un euro di spesa in più.

La lettura «costituzionalmente orientata»
A escludere queste risorse dai calcoli del pareggio sono le regole di finanza pubblica. O, meglio, sarebbero, perché la Consulta (nella sentenza 247/2017, analizzata sul Quotidiano degli enti locali e della Pa del 30 novembre) ha offerto una lettura «costituzionalmente orientata» che ha salvato le norme imponendone un’interpretazione diversa: gli avanzi, in pratica, non vanno inclusi nei saldi nel bilancio preventivo, quando sono incerti, ma devono esserlo nel consuntivo. La Ragioneria generale per ora resiste, e nelle ultime istruzioni su come calcolare il pareggio di bilancio (circolare 5/2018, sul Quotidiano degli enti locali e della Pa del 21 febbraio) sostiene che gli strumenti già esistenti, come le intese regionali sugli spazi per gli investimenti, bastano a garantire una flessibilità sufficiente. Ma la questione resta aperta, anche per le sue ricadute politiche non difficili da vedere quando norme statale «bloccano» risorse degli enti territoriali: il tutto in una geografia nettamente concentrata a Nord, dove la maggiore ricchezza fiscale e una riscossione che funziona meglio gonfiano di avanzi i bilanci locali.

Le cause del problema
Un’ipotetica liberazione immediata di queste risorse avrebbe appunto un impatto potenziale da 16,2 miliardi (più quelli nascosti nei conti degli enti che non hanno ancora fornito i dati alla Ragioneria). Ma non è questa ovviamente l’ottica dell’Upb, che parte dalle cause del problema: gli avanzi si accumulano per prassi sbagliate (per esempio fondi trasferiti troppo tardi per tradursi in spesa effettiva nello stesso esercizio), o per norme come quelle che impongono (ai comuni prima e alle regioni oggi) un saldo positivo per abbellire il consolidato della Pa. Di qui l’esigenza di una strategia d’uscita, per rimuovere progressivamente cause ed effetti del problema: e per sminare la miccia multimiliardaria che cova sotto i nostri conti pubblici.

Il focus dell’Ufficio parlamentare di bilancio

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