Fisco e contabilità

Def: il «nodo» tagli dei ministeri, mappa entro maggio

Si incrociano con il destino del Def, per il quale non c’è ancora una data certa per la presentazione e si prospetta un’operazione di due tappe: entro aprile il “tendenziale” e successivamente, con il nuovo Governo, il quadro programmatico. Si tratta dei tagli 2019 ai ministeri, che nell’ultima manovra hanno dato un contributo significativo al ciclo di spending review con una dote di un miliardo l’anno nel triennio.

Sulla base della tabella di marcia della riforma del bilancio dello Stato, diventata pienamente operativa nel 2017, la scelta sui target riguardanti il contenimento delle uscite per il prossimo anno va fatta rapidamente. Già nel Def, come è accaduto lo scorso anno, dovrebbe essere indicata, nel quadro programmatico ed eventualmente anche nel Pnr (Programma nazionale di riforma), la portata dell’operazione di contenimento della spesa. E in ogni caso gli obiettivi triennali di riduzione dei budget e delle risorse per le singole missioni dei singoli ministeri dovranno essere messi nero su bianco con un decreto del Presidente del consiglio (Dpcm) da varare entro il 31 maggio. La quantificazione di una fetta consistente della nuova fase di spending review è sostanzialmente la prima tessera di quello che in autunno diventa il mosaico finale della legge di bilancio da comporre sulla base del quadro macro e delle indicazioni del Def e della successiva Nota di aggiornamento (NaDef).

Una tappa fondamentale per la prossima manovra, dunque, così come lo è stata negli ultimi due anni. Tenere a lungo in naftalina il nuovo pacchetto-spending vorrebbe dire mettere a rischio la prossima manovra, almeno nella sua composizione. Anche perché la stessa riforma del bilancio lascia ai ministeri un periodo di tre mesi (giugno-agosto) per definire le misure con cui centrare i target fissati dal Governo. Che, se il nuovo esecutivo vedesse protagonisti il M5S e la coalizione di Centrodestra, sarebbero sicuramente ambiziosi, almeno stando ai programmi elettorali.

I Cinquestelle puntano a recuperare 30 miliardi annui, a regime, con la spending review, ai quali aggiungere altri 40 miliardi, sempre a regime, dalla “potatura” delle tax expenditures. Anche secondo Forza Italia la strada è quella del riordino degli sconti fiscali per 30-40 miliardi l’anno a regime e di una massiccia spending review quasi delle stesse proporzioni. Più prudente è la Lega. Ma per tutti, M5S e Centrodestra, il denominatore comune, come punto di partenza, è il dossier Cottarelli che nel 2014 prevedeva una riduzione di spesa di oltre 30 miliardi l’anno.

Un dossier che è stato recepito solo in piccola parte dai Governi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Che hanno comunque “alimentato” il processo di revisione della spesa dal quale tra il 2014 e l’inizio del 2018 sono arrivati quasi 35 miliardi, quasi in toto, però, utilizzati per coprire misure di tipo espansivo (dagli 80 euro agli interventi per l’occupazione). Per questo motivo in termini assoluti la spesa, pur rallentando notevolmente la sua corsa soprattutto in rapporto al Pil, non ha fatto registrare una vera frenata. Anche dopo la stretta dell’ultima manovra le spese nette sono previste in aumento di circa 2 miliardi nel 2018, 7,6 nel 2019 e 4,8 miliardi nel 2020.

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