Fisco e contabilità

Costi processuali a carico dell’agente della riscossione che perde la causa

In caso di accoglimento dell’opposizione a misure esecutive avviate dall’agente della riscossione, è legittima la sua condanna alle spese processuali, a nulla rilevando il fatto che agisca in qualità di mandatario dell’Ente creditore. È questa la principale conclusione cui è giunta la Sesta sezione civile della Corte di cassazione con l’ordinanza n. 13537, depositata ieri.

Il caso
La pronuncia trae origine da una opposizione proposta da un cittadino ad una esecuzione forzata avviata dall’allora Equitalia Sud per la riscossione di una cartella esattoriale con cui si chiedeva il pagamento di multe per violazione delle norme del codice della strada. In particolare, il cittadino eccepiva l’illegittimità della misura esecutiva per non aver mai ricevuto la notifica del verbale di contestazione delle infrazioni. Appurato il vizio di notifica, il Tribunale di Roma accoglieva l’opposizione del cittadino, condannando in solido sia il Comune che l’agente della riscossione alla rifusione in favore dell’opponente delle spese di giudizio. Avverso la decisione, Equitalia proponeva ricorso per la cassazione, eccependo violazione sia dell’articolo 91 del Cpc che violazione degli articoli 12 e 24 del Dpr 602/1973. In particolare, ad avviso di Equitalia, nel caso di specie, l’opposizione alla procedura esecutiva era stata accolta per la mancata notifica del verbale di contestazione delle infrazioni al Codice della strada e, dunque, per fatti imputabili al Comune. Inoltre, sempre a parere di Equitalia, non poteva ritenersi in alcun modo responsabile del vizio di notifica, non avendo peraltro alcun potere di verificare la legittimità del credito vantato dall’Ente che lo incarica della riscossione.

La decisione
Nel respingere il ricorso di Equitalia, i giudici della Corte suprema hanno, innanzitutto, precisato che il giudice può sempre condannare anche l’agente della riscossione al versamento delle spese di giudizio, non avendo rilevanza il fatto che questi, tecnicamente, agisce come mandatario, per riscuotere un credito facente capo all’Ente impositore. La condanna alle spese di giudizio dell’agente della riscossione, peraltro, trova fondamento non nel principio della soccombenza di cui all’articolo 91 Cpc rubricato «Condanna alle spese» secondo cui «il Giudice condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa», ma nel principio della causalità, secondo cui sono imputabili a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per aver resistito a pretese fondate o per aver avanzato istanze infondate.
Inoltre, i giudici della Cassazione hanno ribadito che l’agente della riscossione agisce in giudizio in proprio, sia pure in virtù del sottostante rapporto di mandato intercorrente con l’ente impositore. Cosicché spetta allo stesso agente della riscossione, e non al mandante, la scelta se rinunciare o meno all’azione: ne consegue che, al pari di ogni altro soggetto dotato di legittimazione, anche l’agente soggiace alla sanzione processuale di soccombenza alle spese derivante dall’aver agito proponendo una domanda avente ad oggetto un credito illegittimo.

L’ordinanza della Corte di cassazione n. 13537/2018

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