Fisco e contabilità

Misure anti-giochi, nei divieti entrano le insegne delle sale

Nelle misure introdotte dall’articolo 9 del Dl 87/2018 per il contrasto alla ludopatia si pongono una serie di divieti di pubblicità per giochi e scommesse. Alcune di queste misure riguardano anche l’imposta di pubblicità, ma la concreta applicazione delle nuove disposizioni non appare agevole; anzi le nuove regole sembrano completamente scoordinate rispetto alla normativa che disciplina il tributo comunale.
In particolare il comma 1 prevede, tra l’altro, il divieto di qualsiasi forma di pubblicità, comprese le affissioni.
Dal 14 luglio quindi è vietata qualsiasi affissione pubblicitaria, anche se c’è da ritenere che quelle già in essere a quella data non debbano essere rimosse. Perché il comma 5 prevede che per i contratti di pubblicità in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del decreto rimane ferma la normativa previgente, anche se a ben vedere il diritto sulle pubbliche affissioni ha in parte natura tributaria e in parte natura di corrispettivo del servizio di affissione.

Le insegne di esercizio
Più complicata è invece la questione delle insegne di esercizio. Anche queste sono dei mezzi pubblicitari e in quanto tali, in assenza di espressa deroga normativa, dovrebbero soggiacere al divieto. Qui non esiste alcun contratto, trattandosi di entrata di natura tributaria, anche se l’imposta è dovuta solo per le insegne che superano i cinque metri.
Un’applicazione letterale del decreto legge porterebbe a ritenere che tutte queste tipologie di insegne, comprese le vetrofanie che normalmente sono poste sulle vetrine d’ingresso, devono essere rimosse dal 14 luglio, vista anche l’assenza di qualsiasi periodo transitorio. Il che appare complicato.
Come eccessiva appare la sanzione in caso di mancata rimozione, perché il comma 2 dell’articolo 9 non distingue tra i divieti posti dal primo comma, le cui violazioni sono tutte indistintamente soggette a una sanzione «in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, a 50mila euro». Peraltro non spetta neanche al Comune accertare la violazione, perché è previsto che il soggetto competente alla contestazione e all’irrogazione delle sanzioni è l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
La stessa sanzione di 50mila euro si applica anche alle affissioni comunque effettuate, comprese quindi quelle abusive.

In attesa della conversione in legge
È evidente che la disposizione dovrà essere meglio esplicitata in sede di conversione in legge. Da un lato pare difficile vietare la collocazione di insegne di esercizio, le quali al massimo potrebbero soggiacere ad un vincolo dimensionale massimo;  dall’altro lato, la sanzione minima di 50mila euro appare eccessiva rispetto ad alcune tipologie di violazioni, come può essere un affissione abusiva di un manifesto.
Anche la contestazione della violazione dovrebbe essere meglio regolata, perché risulta difficile immaginare che l’Autorità per le comunicazioni possa sanzionare, ad esempio, le affissioni.

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