Fisco e contabilità

Così ruoli e inesigibilità colpiscono i Comuni

Le recenti informazioni fornite sul magazzino dei ruoli e sull’importo effettivamente riscuotibile mettono in luce una situazione di inefficienza della riscossione a mezzo ruolo, a danno principalmente dei Comuni.

I numeri
Il direttore dell’agenzia delle Entrate, durante l’audizione del 4 luglio alla Commissione Finanze della Camera, ha evidenziato che il valore contabile residuo dei crediti che i diversi enti hanno affidato dal 2000 al 2017, prima a Equitalia e poi all’agenzia delle entrate-Riscossione (subentrata il 1° luglio 2017), è pari a 871 miliardi di euro, di cui il 3% affidati dai Comuni (quindi circa 25 miliardi). Tuttavia, eliminando gli importi difficilmente recuperabili per varie ragioni, resterebbero solo 84,2 miliardi realmente recuperabili. Importo che scende a 50 miliardi secondo quanto dichiarato il 25 luglio dal ministro dell’Economia rispondendo a un’interrogazione parlamentare. Si tratta peraltro della stessa cifra stimata qualche settimana prima dall’ex commissario per la revisione della spesa, Carlo Cottarelli, il quale ha evidenziato che, dagli 84,2 miliardi di crediti aggredibili, occorre sottrarre circa 33 miliardi di crediti non esigibili per norme a protezione del contribuente, come i limiti alla pignorabilità dei beni immobili e degli stipendi. Non ci sono dati certi sulle entrate locali, ma applicando la proporzione dei crediti affidati dai Comuni, resterebbero da recuperare appena 1,5 miliardi (3% di 50 miliardi), cioè appena il 6% dei 25 miliardi di ruoli comunali.

La relazione della Corte dei conti
La situazione deludente della riscossione a mezzo ruolo non è sfuggita alla Corte dei Conti, che nella relazione sul rendiconto generale dello Stato 2017, pubblicata il 26 giugno 2018, ha evidenziato che il tasso totale di riscossione si colloca poco oltre il 20% per le annualità più remote, scende al di sotto del 10% a partire dal 2012 e si pone a meno del 2% per i ruoli del 2016. Dati che evidenziano tutti i limiti dell’attuale azione di riscossione e la tempistica dilatata delle procedure.
Il sistema danneggia il recupero dei crediti di modesta entità, principalmente a causa della tempistica di notifica delle cartelle e del fatto che l’agente nazionale della riscossione gestisce volumi elevati di crediti per cui spesso, per gli importi più piccoli, non attua le misure cautelari/coercitive oppure impiega troppo tempo per farlo. Sulla tempistica incide l’assurda disciplina sulle comunicazioni di inesigibilità dei ruoli, i cui termini di presentazione sono stati più volte rinviati non consentendo ai Comuni di effettuare i controlli prima del 2022 sulle annualità 2016-2017, fino a chiudere la partita nel lontano 2038 con il controllo dell’anno 2000. Facile prevedere che rimarrà ben poco da controllare. La verifica sull’operato dell’agente nazionale della riscossione, per l’eventuale diniego del diritto al discarico, è escluso per le quote fino a 300 euro, limite che riguarda una minoranza di debiti erariali ma che abbraccia gran parte delle partite ancora aperte nella riscossione locale. Senza considerare che l’agente della riscossione, all’esito dei controlli e in caso di contestazione, può scegliere di risarcire il danno versando un ottavo del carico iscritto a ruolo (rispetto alla metà prevista prima del 2015), a dispetto dei concessionari privati che rispondono in base al Codice civile con il risarcimento pieno dei propri inadempimenti. Insomma, oltre al danno la beffa, perché ai Comuni non sarà consentito recuperare le inefficienze di Equitalia (ora Ader), presenti soprattutto nei carichi di importo minore.

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