Fisco e contabilità

Il debito pubblico rinvia ancora la riduzione: nel 2018 mini-limatura dello 0,1%

Per la riduzione vera e propria del debito pubblico sul Pil si profila un altro rinvio. E a spiegarlo è il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Parlando alla Summer School di Confartigianato Imprese, il ministro ha chiarito che siamo ancora nella fase della «stabilizzazione» del debito, con una limatura «dello 0,1%». Per il dato definitivo bisogna aspettare i dati Istat alla fine della prossima settimana e la NaDef in quella successiva, spiega lo stesso Tria. Ma la novità non è piccola. E non è senza conseguenze nella costruzione di una manovra che nell’ottica di Via XX Settembre deve comunque avviare la riforma fiscale con la riduzione di scaglioni e livelli di aliquota, le correzioni previdenziali e il reddito di cittadinanza includendo i 2,8 miliardi già stanziati per il reddito di inclusione partito negli anni scorsi.

Il peso delle privatizzazioni
La revisione al ribasso dei numeri di finanza pubblica era attesa prima di tutto per il rallentamento della crescita, che per quest’anno si dovrebbe attestare almeno un paio di decimali sotto l’1,5% previsto ad aprile. A pesare ci sono però anche i 5 miliardi abbondanti di privatizzazioni che erano state messe in programma ma sono ancora una volta rimaste confinate alle tabelle del Def, senza tradursi in realtà. Sul punto, nella maggioranza si lavora a varie ipotesi che passano anche da Cdp. Ma rispondendo a una domanda sul possibile ruolo della Cassa come «nuova Iri», Tria fissa un limite chiaro: «Non può essere certo una nuova Gepi» (la società pubblica creata nel 1971 per acquisire le partecipazioni di società in crisi), perché «deve agire da soggetto privato con un calcolo economico». Anche perché altrimenti «rientrerebbe nel settore pubblico, e avremmo un salto sul debito a cui non voglio neanche pensare». Poche ore prima Tria e l’ad di Cassa Fabrizio Palermo si erano incontrati alla Farnesina al tavolo per l’internalizzazione, e Palermo ha sottolineato che il piano industriale in cantiere punterà a potenziare il supporto finanziario per l’export. «Abbiamo fatto molto - ha spiegato - e intendiamo fare significativamente di più».
Nel cambiamento dei conti c’è poi un terzo fattore, rappresentato dalle fiammate degli interessi in questi mesi, cadenzati da cinque aste di Btp con rendimenti in salita fino al al 3,25% di fine agosto (ora siamo a 2,77%). Il loro peso crescerà però nel 2019: lo spread, anche dopo la discesa degli ultimi giorni, resta 100 punti sopra i livelli di primavera, quando è stato scritto il Def: un differenziale di questo tipo, spalmato su tutta la curva, può costare altri due decimali di Pil.

La costruzione della legge di bilancio
Ma tutti i nuovi numeri avranno ricadute si sulla costruzione della legge di bilancio, perché ad alimentare il nuovo livello di debito c’è ovviamente un deficit più alto rispetto all’1,6% nominale e all’1% strutturale calcolato ad aprile. Proprio il deficit 2018 sarà il punto di partenza della legge di bilancio, che avrà prima di tutto l’obiettivo di non aumentare l’indebitamento, anzi di produrre un «leggero miglioramento» come sottolineato ieri dallo stesso Tria. Ma l’innalzamento del livello 2018 aiuta solo apparentemente a rispettare questo obiettivo, anche perché rimane sospesa la correzione da 5 miliardi che la commissione si attendeva nel 2018, su cui il giudizio rimarrà sospeso fino alla primavera prossima. I calcoli sul deficit strutturale andranno rifatti anche alla luce del nuovo output gap, con il meccanismo che riduce la richiesta di correzione quando il tono dell’economia peggiora. Ma i conti italiani non rispettavano la regola del debito per l’anno prossimo (criterio forward looking) nemmeno con i numeri di aprile, e il traguardo rischia di allontanarsi.

La partenza delle riforme
Anche per questo la partenza delle riforme deve essere «molto graduale» e dentro «i vincoli di bilancio», come continua a sottolineare Tria. Per rispettarli bisogna rivitalizzare la crescita, e il compito tocca secondo Tria agli investimenti pubblici: «Anche con un moltiplicatore da uno - calcola il ministro -, con 9 miliardi di investimenti in più dimezzeremmo il gap di crescita rispetto alla media europea», che è oggi intorno all’1%. «Non sono numeri strani - sostiene Tria -, piuttosto è strano che non sia stato fatto prima». Oltre a una cabina di regia centrale per compensare l’assenza di capacità progettuali in molte Pa, per rilanciare gli investimenti serve anche chiarezza sui progetti infrastrutturali. Tria sul tema è chiaro: «Spero che Tav e Tap si facciano - dice -, anche perché fanno parte di grandi reti internazionali che a noi interessano».

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