Fisco e contabilità

La fiscalità locale tra luci e ombre

di Stefano Baldoni (*) - rubrica a cura di Anutel

Gli amministratori e gli uffici finanziari degli enti locali stanno cominciando a programmare le attività necessarie per la stesura del bilancio di previsione 2019-2021, il cui termine di presentazione al consiglio comunale scade il prossimo 15 novembre, secondo quanto previsto dal principio contabile all. 4/1 al Dlgs 118/2011 sulla programmazione.
Contestualmente, gli uffici tributi degli enti locali dovranno cominciare a porre in essere le attività necessarie per definire, sulla base degli indirizzi degli amministratori, le proposte di deliberazione in materia di aliquote e tariffe dei tributi locali.
Sono diverse le questioni in merito che devono però essere valutate con attenzione.

Fine della sospensione degli aumenti tributari?
In primo luogo, con il 2019, cessa la sospensione degli effetti delle deliberazioni comunali che dispongono aumenti di tributi locali, vigente ormai dal 2016 (Legge 208/2015).
In teoria, quindi, salvo nuovi interventi normativi, i comuni potranno effettuare manovre tributarie volte ad incrementare il gettito dei tributi, operazione che in molti casi potrebbe essere necessaria per garantire il raggiungimento dell'equilibrio corrente del bilancio di previsione.
Diversi enti potrebbero cogliere l'occasione per eliminare l'applicazione della Tasi, riespandendo contestualmente le aliquote Imu, superate in modo definitivo tutte le incertezze su tale manovra derivanti dalle interpretazioni fornite dalla risoluzione del ministero dell'Economia n. 2/DF/2017. Operazione che in molti casi conduce a una reale semplificazione per i contribuenti, eliminando un tributo, la Tasi, che dopo l'esclusione dell'abitazione principale dai cespiti imponibili ha probabilmente perso la sua ragione di essere.
Peraltro, con lo spirare del 2018, viene meno la possibilità di confermare la maggiorazione Tasi, consentito fino a quest'anno agli enti che l'avevano applicata negli anni passati.

La questione dell'imposta sulla pubblicità e degli altri tributi
Nella materia tributaria resta tuttavia irrisolta la spinosa questione posta in tema di imposta comunale sulla pubblicità e diritto sulle pubbliche affissioni dalla sentenza della Corte costituzionale n. 15/2018, che chiude la porta alla possibilità di confermare gli aumenti delle tariffe rispetto ai livelli di legge disposti da molti comuni in passato sulla base di norme ormai abrogate.
Inoltre, sarà necessario reperire le risorse che vengono meno e quelle per fronteggiare le crescenti richieste di rimborso in arrivo. Anche se sul punto più volte è stata sollevata la necessità di un intervento normativo risolutivo della problematica, che appare ormai improcrastinabile, anche per tenere conto dell'affidamento che i comuni avevano fatto sulla norma interpretativa del comma 739 della legge 208/2015.

Imposta di soggiorno
In tema di imposta di soggiorno, prelievo sempre più diffuso, resta irrisolto il problema della mancata individuazione da parte della norma di legge del gestore delle strutture ricettive come responsabile d'imposta (anche a causa dell'infelice formulazione della norma contenuta nel Dl 50/2017, che ha portato il Mef a ritenere responsabile d'imposta il gestore solo nel caso delle cosiddette “locazioni brevi”).
Anche se la giurisprudenza della Cassazione e gli interventi della Corte dei conti hanno chiarito comunque la natura di agente contabile dei gestori, soggetti pertanto a tutte le responsabilità contabili e penali derivanti dal mancato riversamento del tributo agli enti impositori (sentenze Cassazione n. 32058/2018, 16624/2018; sentenza Consiglio di Stato n. 5545/2017; sentenza Corte dei conti a Sezioni riunite n. 22/2016).
Ci sono poi tutte le problematiche della TARI che sono affrontate in un articolo separato.

Contributi statali
Anche dal lato della costruzione del bilancio non mancano le difficoltà legate soprattutto alla realizzazione degli equilibri di parte corrente.
In primo luogo, almeno per il momento, non è finanziato per il 2019 il cosiddetto “fondo Imu-Tasi”, nato nel 2014 per compensare i comuni che avendo l'aliquota Imu al massimo non potevano di fatto applicare la Tasi in modo generalizzato, ma che comunque hanno subito il taglio del fondo di solidarietà comunale calcolato anche sul maggior gettito teorico a loro potenzialmente derivante da un prelievo in realtà non applicabile. Il fondo è stato sempre finanziato, seppure in misura decrescente nel corso degli anni, fino al 2018, quando la legge di bilancio lo ha conservato nella stessa misura erogata nel 2017. Ma senza disporre nulla per il futuro.
Qualche certezza in più deriva dalle norme pluriennali contenute nella legge di bilancio 2018 e in precedenti norme, riguardanti la possibilità fino al 2020 di destinare le economie derivanti dalla rinegoziazione dei mutui al finanziamento spesa corrente (articolo 7, comma 2, Dl 78/2010), la stabile destinazione dei proventi derivanti dai permessi di costruire, tra l'altro, al finanziamento delle manutenzioni ordinarie di talune tipologie di immobili (articolo 1, comma 460, legge 232/2016).
Inoltre, anche il contributo statale per il riaccatastamento degli immobili di categoria D (gli «imbullonati», articolo 1, comma 24, legge 208/2015) è confermato nella stessa misura del 2018, seppure il numero degli immobili D riaccatastati aumenta nel tempo e con esso il calo dei gettiti Imu e Tasi. Diversi enti potranno beneficiare ancora per alcuni anni del trasferimento compensativo della maggiore riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio subita dell'anno 2012, a causa della sovrastima del gettito Imu conseguibile operata dallo Stato (Dm 10 marzo 2017).
Resta attiva fino al 2020 la possibilità di destinare i proventi da alienazioni patrimoniali, anche derivanti da piani di razionalizzazione, al finanziamento delle quote capitale dei mutui o alla loro estinzione anticipata (articolo 1, comma 866, legge 205/2017). Anche se l'applicazione di tale norma nella predisposizione del bilancio appare piuttosto ardua stante i vincoli alla quale la stessa è sottoposta, non ultimo quello riguardante il rapporto tra immobilizzazioni e debiti di finanziamento del bilancio consolidato dell'esercizio precedente (la cui verifica presuppone quindi la sua avvenuta approvazione).

Fondo crediti di dubbia esigibilità
I maggiori problemi si avranno soprattutto per il crescente peso dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, sia per l'aumento all'85% della percentuale minima di stanziamento rispetto al fondo calcolato con le regole del principio contabile sulla competenza finanziaria, e sia per il peggioramento delle percentuali storiche di riscossione che si sta riscontrando in molti enti a causa delle difficoltà incontrate nella gestione di tale delicata fase (a cui ha senz'altro contribuito anche la riapertura della definizione agevolata dei ruoli, che ha spostato di fatto le scadenze alla fine del 2018).
Peraltro, l'avanzare del numero di anni “armonizzati” aumenta l'incidenza nel calcolo delle medie del solo rapporto tra incassi in c/competenza e accertamenti in c/competenza, seppure sul punto la risposta alle Faq Arconet del 26 e 27 ottobre 2017 ha dato una boccata d'ossigeno agli enti permettendo di considerare al numeratore del rapporto anche gli incassi in c/ residui dell'anno successivo derivanti dalla competenza dell'anno precedente, senza necessità di slittare indietro il quinquennio di riferimento.
Un peso importante deriverà inoltre dall'accantonamento al fondo per le perdite delle società partecipate (articolo 21 del Dlgs 175/2016), con un incidenza crescente nel caso di partecipate in perdita.

Fondo di solidarietà comunale
Altra variabile non facilmente valutabile è il maggiore peso nella distribuzione del fondo di solidarietà comunale dei fabbisogni standard, quota che cresce al 60% rispetto al 45% del 2018. Fondo che si ricorda è comunque finanziato ormai integralmente dall'Imu trattenuta alla fonte dai comuni.
Tale circostanza dovrebbe avvantaggiare gli enti con fabbisogni standard superiori alla capacità fiscale e svantaggiare gli altri, in misura però difficile da prevedere alla luce delle continue rivisitazioni delle regole dei fabbisogni e della determinazione delle capacità fiscali. Da verificare anche gli effetti della cessazione nel 2019 del taglio previsto dalla spending review 2014 (articolo 47, comma 6, Dl 66/2014).
In definitiva, per il 2019 si ha un quadro della fiscalità locale caratterizzato da qualche certezza in più rispetto al passato (non sempre positiva certo), ma che dovrà tenere conto delle misure mancanti, ma necessarie, e degli interventi che saranno fatti dal Governo, anche sul fronte del pareggio di bilancio e delle modalità di recepimento della sentenza della Corte costituzionale n. 101/2018, che mettendo in discussione l'irrilevanza dell'avanzo di amministrazione ai fini del calcolo del saldo obiettivo ha minato una delle sue fondamenta.

(*) Vice presidente e docente Anutel

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