Fisco e contabilità

Enti del terzo settore, le esenzioni Imu e Tasi

di Maria Suppa (*) - Rubrica a cura di Anutel

L'articolo 82, commi 1 e 6, del Dlgs 117/2017 (Codice del Terzo Settore) subordina il riconoscimento del diritto all'esenzione dall'Imu e dalla Tasi per gli immobili posseduti dagli enti del terzo settore e destinati allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché alle attività di cui all'articolo 16, comma 1, lettera a), della legge 222/1985, alla sussistenza dei requisiti (soggettivo e oggettivo) previsti dall'articolo 7, comma1, lettera i), del Dlgs 504/1992, cui l'articolo 9, comma 8, del Dlgs 23/2011 (per l'Imu) e l'articolo 1, comma 3, del Dl 16/2014 (per la Tasi) rinviano espressamente.
L'ente locale, pertanto, dovrà riconoscere il trattamento fiscale di favore esclusivamente nei limiti (anche con riguardo all'eventuale svolgimento nell'immobile di attività mista) e alle condizioni previsti dall'articolo7, 1 del Dlgs 504/1992.
Solo per i tributi diversi dall'Imu e dalla Tasi, infatti, gli enti locali hanno la facoltà di deliberare, nei confronti di detti Enti, la riduzione o l'esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti (articolo 82, comma 7).

Il requisito soggettivo: l'utilizzo diretto ed effettivo dell'immobile
Innanzitutto, ai fini dell'esenzione è necessario che l'immobile sia utilizzato direttamente dal'ente del terzo settore e, stante l'espresso rinvio operato dall'articolo 9, comma 8, del Dlgs 23/2011 all'articolo 7, non può non tenersi conto, anche per l'Imu, della copiosa giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto in regime di Ici.
Costituisce, infatti, jus receptum che l'esenzione non opera nei casi di utilizzo “indiretto” dell'immobile da parte dell'ente, ancorché per finalità di pubblico interesse e senza fine di lucro (Cassazione, ordinanza n. 6320/2018).
In particolare, l'esenzione non spetta per gli immobili dati in locazione, anche se per finalità assistenziali e di rilievo sociale (Cassazione ordinanza n. 15564/2018), né per gli immobili concessi in comodato, nonostante la gratuità della concessione.
Al riguardo, la Cassazione, ben lontana dal ritenere indifferentemente esenti da Ici/Imu tutti gli immobili ove il rapporto tra possessore e utilizzatore sia regolato dal comodato gratuito, ha chiarito che nei casi di immobili concessi in comodato d'uso, non è la gratuità della concessione a consentire di per sé l'accesso all'esenzione bensì l'esistenza, tra gli enti, di un rapporto di stretta strumentalità organica e funzionale nella realizzazione dei compiti istituzionali, che «…autorizza a ritenere una tra di essi e a configurarli come realizzatori di una medesima …» con onere dell'ente richiedente di fornire la prova rigorosa dell'esistenza di tale rapporto (Cassazione n. 30821/2017; n. 25508/2015).
Al fine di beneficiare dell'esenzione dall'Imu e dalla Tasi è, altresì, necessario che l'ente del terzo settore utilizzi concretamente l'immobile per lo svolgimento di una delle attività tipizzate, non essendo sufficiente la mera destinazione.
L'immobile si intende concretamente utilizzato anche quando si trova nella fase in cui vengono espletate le necessarie attività preparatorie e propedeutiche, quali l'ottenimento di permessi, autorizzazioni amministrative, concessioni o l'indizione di gare d'appalto, sempreché l'ente dimostri di essersi attivato al fine di rendere l'immobile effettivamente utilizzabile per le attività istituzionali (Cassazione n. 28680/2017; n. 27086/2016).
Analogamente, rientra nel novero degli immobili agevolati l'area edificabile che sia impegnata ed effettivamente assoggettata all'espletamento delle pratiche burocratiche ed edilizie necessarie per l'edificazione di locali destinati ad attività meritevoli (Cassazione, nn. 9791-9787-9788/2017).

Le modalità non commerciali dell'attività svolta
Anche con riguardo al requisito oggettivo, il rinvio operato dall'articolo 82, comma 6, del Dlgs 117/2017 all'articolo 91-bis, del Dl 1/2012 convertito dalla legge 27/2012 non lascia dubbi sulla circostanza che ai fini dell'esenzione dall'Imu e dalla Tasi, l'attività cui l'immobile è destinato deve essere svolta con modalità non commerciali, tenuto conto dei requisiti generali e di settore previsti dal Dm 200/2012 e dal Dm 26 giugno 2014.
In particolare, per quanto attiene ai requisiti di settore, l'articolo 4 del Dm 200/2012, stabilisce che le attività ricettive, culturali, ricreative e sportive così come le attività assistenziali e sanitarie non accreditate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli Enti locali si considerano non commerciali solo se svolte a titolo gratuito ovvero dietro corrispettivo di importo simbolico e comunque non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale.
La Commissione europea (decisione del 19 dicembre 2012) ha sottolineato, al riguardo, che al fine di evitare che l'esenzione ex articolo 7 si configuri come aiuto di stato, è necessario che il criterio fissato dal Dm 200/2012 «del limite della metà del prezzo medio, previsto per le stesse attività svolte nel medesimo ambito territoriale con modalità commerciali», venga utilizzato dall'Ente impositore esclusivamente come parametro per escludere dall'esenzione, non implicando, a contrario, che possono beneficiare in via automatica del trattamento di favore gli enti che applicano un prezzo al di sotto di tale limite, soprattutto, se il Comune ha proceduto a regolamentare e definire il concetto di “corrispettivo simbolico”rilevante al fine dell'esclusione dal tributo.
Per le attività sanitarie e assistenziali convenzionate, invece, per il Dm 26 giugno 2014, non valgono ad escludere la natura non commerciale dell'attività svolta, eventuali importi di partecipazione alla spesa da parte dell'utente, poiché trattasi di una forma di cofinanziamento di servizi prevista per legge, in quanto necessaria a garantire «la copertura del servizio universale».
Le attività didattiche, infine, si considerano non commerciali ai fini dell'esenzione solo se svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di un importo simbolico, tale da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso.
Naturalmente, spetta all'ente del Terzo settore l'onere rigoroso di dimostrare che l'attività' svolta nell'immobile sia effettivamente effettuata con modalità non commerciali (Cassazione, ordinanza n. 3529/2018) mentre al giudice del merito, in caso di contenzioso, compete l'accertamento, in concreto e senza far ricorso ad astrazioni argomentative, delle circostanze fattuali che legittimano l'accesso all'esenzione (Cassazione, ordinanza n. 10454/2018).

(*) Avvocato tributarista, cpatrocinante in Cassazioneazione e docente Anutel .

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