Fisco e contabilità

Le assunzioni nella partecipata non «rubano» spazi di turn over all’ente

di Carmelo Battaglia e Domenico D'Agostino

La Corte dei conti sezione regionale di controllo per la Lombardia, con la pronuncia n. 302/2018/PAR, ha stabilito che una società partecipata – nel rispetto delle direttive impartite dalle proprie Amministrazioni partecipanti e degli specifici obblighi legislativamente previsti e, in particolare, da quanto statuito dal Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (Tusp), anche per quanto attiene alle modalità attraverso cui procedere – può porre in essere assunzioni, senza che ciò intacchi la capacità assunzionale delle predette Amministrazioni partecipanti.
La Corte giunge a tale interpretazione dell’articolo 19, comma 5, del Tusp, partendo dal dato letterale che prevede espressamente che le Amministrazioni pubbliche socie fissino, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all’art. 25, ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale.
Da ciò potrebbe sorgere il dubbio, esplicitato dall’Amministrazione che aveva richiesto il parere alla magistratura contabile, che sia operativo il principio di consolidamento delle capacità assunzionali del Comune socio e della società interamente partecipata, tale per cui l’assunzione operata da quest’ultima ridurrebbe quella del Comune stesso. Tale principio si affiancherebbe a quello di consolidamento della spesa di personale nel più ampio processo di consolidamento del bilancio del “gruppo amministrazione pubblica” (secondo quanto previsto dall’Allegato n. 4/4 al Dlgs 118/2011).Secondo la Corte lombarda, tuttavia, tale interpretazione andrebbe oltre la voluntas legislatoris ed oltre lo stesso dato testuale. La disposizione di legge vigente, infatti, la cui precisa esegesi è stata di recente effettuata dalla Sezione di controllo Liguria della Corte (deliberazione n. 80/2017/PAR), infatti, nel porre in capo alle Amministrazioni partecipanti l’obbligo di fissare alle proprie società obiettivi specifici di contenimento anche delle spese di personale prevede, in particolare, che debbano tenere conto di quanto stabilito dall’articolo 25 del Tusp, “ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale”. Ebbene, quest’ultimo inciso non può che riferirsi a limitazioni alle assunzioni di personale relative alle predette società partecipate e non alle Amministrazioni partecipanti, venendo meno il possibile addentellato normativo su cui appare fondarsi l’interpretazione in esame. Ricorrendo, peraltro, ad un profilo sistematico, non avrebbe alcun senso che le limitazioni assunzionali ridondassero in una scelta fra l’assunzione diretta da parte dell’Ente e quella “mediata” tramite società partecipata; in primo luogo, perché così si darebbe ingresso a manovre elusive del dettato normativo in tema di limiti assunzionali e, in secondo luogo, perché, così opinando, si vanificherebbe la stessa possibilità di dar vita a società partecipate: appare, infatti, ovvio che la società partecipata non debba e non possa essere una mera duplicazione di funzioni pubbliche, ma semmai l’esercizio societario ed imprenditoriale di funzioni non esistenti all’interno dell’Amministrazione, ma ritenute importanti ed essenziali per il pubblico servizio.

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