Fisco e contabilità

Manovra, paradosso piccoli Comuni: via il consolidato ma resta l'economico-patrimoniale

di Gianni Trovati

Quella disposta per la contabilità dei piccoli Comuni dai correttivi alla manovra approvati alla Camera è un'abolizione a metà. Sotto i 5mila abitanti scompare l'obbligo di scrivere il bilancio consolidato, evitato quest'anno sui rendiconti del 2017 solo dopo una faticosa proroga “interpretativa”. Ma la forbice non cancella l'introduzione della contabilità economico-patrimoniale. Cioè di quel sistema che ha come obiettivo principale proprio il consolidamento dei conti con le partecipate.
L'effetto pratico a livello di singolo Comune è paradossale, perché impone di modificare il sistema contabile senza collegarlo all'obiettivo per il quale quel sistema è pensato. A livello aggregato la mossa permette di puntare a un sistema unico di contabilità in tutti i Comuni, aiutando la gestione dei saldi di finanza pubblica. Ma negli enti domina ovviamente la prospettiva “individuale”, ed è forte l'attesa che il Senato completi l'opera cancellando anche l'economico-patrimoniale dopo il consolidato.

Verso il Senato
Proprio il Senato, del resto, è chiamato a riempire di contenuti una manovra che anche nel capitolo dedicato agli enti locali sta vivendo il passaggio alla Camera come una sorta di riscaldamento pre-partita. L'elenco delle priorità, messe in fila nell'Intesa siglata da sindaci e governo in Conferenza Stato-Città (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 30 novembre) si apre con il raddoppio da 3/12 a 6/12 delle anticipazioni di tesoreria, con un intervento di Cassa depositi e prestiti. Il raddoppio potrebbe muovere fino a 15 miliardi in funzione sblocca-debiti, ma la sua traduzione pratica sembra più complicata rispetto alle ambizioni dell'inizio.

Fondo Tasi
Un inciampo ha bloccato anche i 190 milioni per la replica, in versione ulteriormente ridotta, del Fondo Tasi per i 1.800 Comuni che lo utilizzano. I soldi dovrebbero arrivare dal fondo investimenti locali da 3 miliardi messo in manovra, ma sarebbero vincolati appunto alla spesa in conto capitale. Dirottarli alla spesa corrente, come chiedono le amministrazioni, è complicato perché la rimodulazione complessiva della manovra punta proprio a girare fondi correnti al conto capitale. Un pasticcio.
Ancora più difficile appare la partita sui 563 milioni con cui i Comuni chiedono di integrare il fondo di solidarietà alla luce della “scadenza” nel 2019 della spending review che nel 2014 aveva introdotto il taglio. Ma servirebbero risorse aggiuntive, che il governo non ha. Tanto è vero che nelle riunioni tecniche di questi giorni il lavoro sul fondo di solidarietà comunale giunge alla conclusione di confermare per l'anno prossimo le cifre assegnate a ogni Comune nel 2018.

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