Fisco e contabilità

Decreto semplificazioni, aumenti nazionali fuori dai tetti dei fondi decentrati

di Gianni Trovati

Il decreto semplificazioni approvato ieri dal consiglio dei ministri ha perso molti pezzi rispetto alla versione iniziale, a partire dal pacchetto di norme taglia-gare per gli appalti sotto la soglia comunitaria (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa di lunedì scorso), e fa slittare al 2020 l'obbligo di accettare pagamenti informatici con il sistema PagoPa. Il provvedimento risolve poi un intrico normativo sugli stipendi dei dipendenti pubblici. In pratica si dà il via libera all'esclusione degli aumenti decisi dai contratti nazionali dal tetto di spesa previsto dalla riforma Madia, che impedisce ai fondi decentrati (quelli con cui ogni Pa paga la parte “variabile” dello stipendio) di superare gli stanziamenti del 2016. Una norma necessaria a evitare il rischio paralisi dal 2019, e che per questo è stata spostata dal Ddl Bongiorno al decreto approvato ieri

Nelle bozze del decreto esaminate dal consiglio dei ministri ha provato a farsi largo anche lo sblocca-pagamenti di enti locali e Regioni, che punta a liberare fino a 22 miliardi da destinare ai fornitori in attesa delle fatture arretrate. Sul testo però si è lavorato per tutta la giornata di ieri, ed è possibile che nella versione finale (il governo punta alla pubblicazione questa sera in Gazzetta Ufficiale) il meccanismo salti per essere indirizzato agli emendamenti alla legge di bilancio. Nella sua ultima versione, la norma si estende alle Regioni: per i Comuni c'è l'introduzione di anticipazioni di liquidità aggiuntive per 15 miliardi (3/12 delle entrate, che si aggiungono ai 3/12 previsti dalle regole ordinarie per la gestione della liquidità), per le Regioni invece il plafond previsto è di 7 miliardi (5% delle entrate tributarie). Oltre alla Cassa depositi e prestiti, a erogare le anticipazioni sono chiamate anche banche e intermediari finanziari, e i soldi ottenuti andrebbero trasformati in pagamenti entro 15 giorni (30 nella sanità). Il plafond da 22 miliardi è potenziale, perché la sua traduzione pratica dipende dalle condizioni a cui Cdp e banche offrirebbero i prestiti, da restituire entro il 15 dicembre 2019.

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