Fisco e contabilità

Bankitalia «boccia» la Tari come tassa patrimoniale occulta

di Alessandro Vitiello

La Tari è una tassa iniqua che svantaggia le famiglie più povere. Ciò a causa del fatto che nella stragrande maggioranza dei Comuni è calcolata con sistemi che non tengono conto della quantità di rifiuti prodotta da ciascun nucleo familiare, come potrebbe e dovrebbe, ma sostanzialmente la ponderano sulla superficie catastale dell’immobile al quale è riferita.
Queste considerazioni, da molte parti intuite da anni, sono state messe nero su bianco dalla Banca d’Italia - Servizio struttura economica, divisione, economia e diritto - nell’«occasional paper» intitolato suggestivamente «Il prelievo locale sui rifiuti in Italia: benefit tax o imposta patrimoniale (occulta)?».

L’analisi
Lo studio di via Nazionale è stato condotto partendo dai dati contenuti della biennale «Indagine sui bilanci delle famiglie italiane», delle quali conosce il numero dei componenti e le caratteristiche dell’abitazione principale. Queste informazioni, combinate con le delibere Tari di 370 Comuni, hanno consentito ai tecnici BankItalia di simulare l’applicazione della Tari su un campione di 8mila famiglie.
L’assioma è che a maggiori disponibilità economiche corrispondono maggiori consumi, il postulato, quindi, che una tassa sui rifiuti non costruita sull’effettiva quantità di scarti prodotti è ingiusta.
Il problema sta nel metodo di calcolo applicato dalla stragrande maggioranza delle amministrazioni locali, che prevede una quota fissa preponderante, determinata dalla superficie dell’abitazione di residenza, e di una componente variabile di minor peso percentuale, data dal numero dei componenti del nucleo familiare. Entrambi le componenti, quindi, non considerano la quantità effettiva di rifiuti prodotti da ciascuna famiglia, come invece dovrebbe fare una tassa con valenza tariffaria, ma colpiscono un elemento di natura patrimoniale, cioé le dimensioni della prima casa. Inoltre, il numero dei componenti familiari incide significativamente sulla tariffa in maniera indipendente dall’effettivo valore della ricchezza immobiliare.
Risultato, l’impatto della Tari sul reddito familiare è nei nuclei col reddito più basso oltre otto volte superiore rispetto ai quelli che hanno maggiori entrate.

Ulteriori considerazioni
L’iniquità della Tari - osserva ancora Bankitalia - è completata dal fatto che nel nostro Paese, come nel resto del mondo, la relazione direttamente proporzionale tra ricchezza e produzione di rifiuti è provata e accolta come verosimile da ogni parte.
Sarebbe necessario, quindi, riconcepire teoricamente e organizzare praticamente la Tari come tariffa «puntuale», cioè costruendola con modalità di calcolo basate soprattutto sulla misurazione delle quantità di scarti effettivamente prodotta da ciascun nucleo familiare. Come del resto già fanno da anni un certo numero di Comuni «illuminati», ma ancora troppo pochi. Nei Comuni nei quali è applicata la tariffazione puntuale, infine, come ci dice il rapporto 2018 appena pubblicato dall’Ispra (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 12 dicembre), la gestione dei rifiuti urbani è migliore rispetto a quelli dove invece è ancora in vigore la Tari a tariffa «normalizzata».

Lo studio

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