Fisco e contabilità

Dissesto e predissesto, nuove soluzioni sul modello della legge fallimentare

di Ettore Jorio

Dissesto e predissesto, due misure superate e, pertanto, non più rispondenti agli obiettivi di rimediare, rispettivamente, ai default e alle crisi di liquidità che affliggono tanti enti locali. Occorre altro. È quanto ha in animo il Governo, impegnato a generare una nuova forma di risanamento da attivare «su misura» per sottrarre Comuni, Province e Città metropolitane (Napoli e Reggio Calabria in primis) dal loro fallimento.

Meglio le soluzioni che le sanzioni sociali
Lo farebbe offrendo agli enti locali una nuova tipologia di strumento di ripianamento del disavanzo generato, individuata in emulazione della ratio che ha prodotto la riforma della disciplina della crisi d'impresa e dell'insolvenza. Quella neodisciplina che manderà in soffitta l'attuale legge fallimentare, scandita nel testo di decreto delegato appena approvato dal Consiglio dei Ministri, implementativo dell'ipotesi testuale a suo tempo elaborata dalla commissione presieduta da Renato Rordof, cui va ricondotta la stesura della relativa legge delega. Un istituto, quello che pare essere idealizzato dai tecnici governativi in materia di soluzione delle crisi degli enti locali, cui i Comuni & co. dovranno ricorrere tempestivamente ovverosia dal primo manifestarsi di una illiquidità grave conseguente alle pregresse cattive gestioni. Per questo motivo, esso dovrà poi avere una sua immediata attuazione, personalizzata e concretamente efficace, del tipo quelle che caratterizzano i concordati preventivi ovvero gli accordi di ristrutturazione dei debiti. In quanto tale dovrà essere fondata, prioritariamente, sulla correzione delle cause generative del problema e, dunque, sulla progettazione di una organizzazione istituzionale efficiente, alla quale garantire una migliore pratica accertativa e di riscossione dei tributi.

Occorre una riforma che salvi (davvero) i Comuni
L'esperienza negativa maturata sino a oggi - con dichiarazioni di dissesto spesso reiterate e ricorsi strumentali a predissesto che non si sono tradotti in fallimento solo per la «generosità» degli organi preposti ai controlli - ha evidenziato l'esigenza di un percorso riformatore delle attuali regole che disciplinano le soluzioni legislative alle crisi del sistema autonomistico locale.
Secondo i dati attualizzati agli ultimi dodici anni sono stati ben oltre 500 i Comuni nei guai, più o meno risolvibili con le attuali chance procedurali. Quelli dissestati sembrano avere ultimamente traguardato il tetto di 200 (dei quali oltre l'80% in ordine decrescente in Calabria, Campania, Sicilia e Lazio), con una progressione a due cifre registrata negli ultimi quattro anni, dovuta anche ai predissesti non andati a buon fine. Quelli ancora sottoposti alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (per l'appunto, il predissesto) sono arrivati ben oltre la cifra di 300 (dei quali oltre l'80% in ordine decrescente in Calabria, Sicilia, Campania, Puglia, Lombardia e Lazio). Un saldo che porta a registrare la profonda inadeguatezza delle misure di risanamento straordinario offerte fin qui «in prestito» ai Comuni in crisi che, in alcune aree del Paese, sono ancora in esponenziale crescita, per un sopravvenuto incremento della ammissione delle amministrazioni locali delle difficoltà gestionali non più occultabili con ricorso a bilanci all'uopo aggiustati.

Inadeguatezza degli attuali strumenti e individuazione dei nuovi
A fronte di questi dati (dai quali emerge una Calabria campione del primato negativo, con 121 Comuni investiti da dissesti e/o predissesti!), che potrebbero generare un'ulteriore insopportabile caduta verticale della godibilità dei servizi pubblici derivanti dall'esercizio delle funzioni fondamentali affidate agli enti locali, occorrerebbe approntare una sensibile riforma del testo unico. Principalmente nella parte in cui offre soluzioni inadeguate agli stati di difficoltà finanziarie vissute da Città metropolitane, Province e Comuni ormai allo stremo. Gli attuali strumenti del dissesto e predissesto hanno la specificità di rendere eterne le crisi degli enti locali con la perdita definitiva della loro mission di infallibili erogatori dei servizi indispensabili alla vita della collettività amministrata e delle prestazioni essenziali. In questo senso, ci si augura la tempestiva formazione, a cura del Governo, di un «tavolo riformista», quale strumento «permanente di confronto» (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 9 gennaio) cui affidare la ricerca delle soluzioni funzionali a generare un sistema autonomistico locale degno di interpretare il ruolo del protagonista istituzionale affidatogli dalla Costituzione, in ragione del principio della sussidiarietà verticale.

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