Fisco e contabilità

Revisori, al tanto lavoro svolto corrispondono ancora troppo scarsi compensi

di Guido Mazzoni (*) - Rubrica a cura di Ancrel

Come mai quando si tratta di assegnare nuovi compiti o adempimenti troviamo al primo posto della graduatoria l’organo di revisione economico-finanziaria e quando invece si tratta di considerare il lavoro svolto e una sua equilibrata remunerazione lo stesso occupa gli ultimi posti della medesima graduatoria? Perché questa generosità a senso unico?
Torno sua una questione, sicuramente ancor oggi di attualità, di cui mi ero occupato con un mio intervento pubblicato da questa stessa rubrica nel febbraio del 2017: la relazione accompagnatoria del conto dell'agente contabile redatta dagli «organi di controllo interno» prevista dall'articolo 139 del Dlgs 26 agosto 2016 n. 174 «Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell'articolo 20 della Legge 7 agosto 2015 n° 124».

La norma
Ripercorrendo il dettato della previsione normativa, ricordo che il 1° comma dispone che, entro 60 giorni, salvo il diverso termine previsto dalla legge (30 giorni per gli enti locali secondo la previsione dell'articolo 233 del tuel), dalla chiusura dell'esercizio finanziario o comunque dalla cessazione della gestione, il conto debba essere presentato dall'agente contabile all'amministrazione di appartenenza.
Questa, individuato un responsabile del procedimento, dopo la verifica del conto (parificazione) e la sua approvazione, entro 30 giorni (dall'avvenuta approvazione) lo deposita, unitamente alla relazione degli organi di controllo interno, presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti territorialmente competente.
Già allora ritenemmo che il sistema dei controlli interni delineato con le modifiche apportate al Capo terzo del Tuel (articoli 147 e seguenti) dal Dl 174/2012 fosse un sistema strutturato, volto a coprire ogni ambito dell'attività degli enti, chiamati a organizzarlo nell'ambito della propria autonomia regolamentare e organizzativa, anche istituendo specifiche unità di controllo e che all'interno di quel sistema andasse individuato il centro di responsabilità cui affidare il controllo e la relazione finale di cui si parlava.
Pareva al sottoscritto poco produttivo assegnare un'ulteriore probabile grossa mole di lavoro (va valutata la numerosità delle posizioni) rischiando di ingolfare se non pregiudicare, l'ordinaria attività di verifica, vigilanza e controllo dei collegi in un periodo dell'anno già particolarmente intenso per quanto strutturalmente in agenda.

Le sezioni riunite
Sul tema si è espressa la Corte dei conti a sezioni riunite nell'adunanza del 15 febbraio 2018 (n° 2/2018/Cons) ritenendo che anche la relazione degli organi di controllo interno prevista dall’articolo 139, comma 2, del decreto, si riconducesse alla normale attività di revisione assegnata al collegio dei revisori dal Dlgs 123/2011 (articolo 20) mettendo una pietra tombale sulla possibile attribuzione. In questo senso si sono sicuramente mossi molti enti e anche Regioni.
Purtroppo non con altrettanta attenzione (primi echi dai colleghi impegnati sul campo) sembra potersi dire si stiano muovendo gli enti (con qualche eccezione qualificata) in ordine alla rivisitazione dei compensi attribuiti agli organi di revisione in seguito all’emanazione, lo scorso 21 dicembre 2018, dell'atteso decreto ministeriale che ha ridefinito, innalzandoli, i «nuovi massimi». Se per quanto sopra ci può stare il «troppo», qua ci sta sicuramente il «troppo poco». E il «troppo poco» è tale perchè connesso al «troppo».
Il nuovo decreto, a giudizio di chi scrive, è un'ottima occasione per riequilibrare un rapporto da troppo tempo sbilanciato, con troppo situazioni del tutto inadeguate che rendono impossibile l'esercizio dell'attività con quella dedizione e quella professionalità che invece è richiesta dalla delicatezza della funzione. Con una luce indiscutibile: quella massimamente qualificata e soprattutto terza dell'osservatorio del ministero dell'Interno che sulla questione si è espresso con suo atto di indirizzo del 13 luglio 2017.
Non può essere nell'interesse degli enti pagare poco, o troppo poco, per avere una prestazione di scarsa qualità o ancora peggio (sono troppe le situazioni patologiche per colpa dell'una o dell'altra parte, forse entrambe). Se tutti, abbandonando la strettezza dell'interesse di parte, riusciranno ad aver riguardo a un interesse più ampio nel quale ritrovare anche il proprio, faranno sicuramente anche l'interesse dell'ente e dei suoi ittadini.

(*) Componente esecutivo nazionale Ancrel

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