Fisco e contabilità

Riforma della riscossione tra scelte condivisibili e aspetti da migliorare

di Tommaso Ventre (*) - Rubrica a cura di Anutel

Tanto tuonò che piovve… E così in attesa di un provvedimento organico che riguardi la riscossione delle entrate locali la manovra di fine anno è intervenuta apportando limitate ma importanti modifiche al sistema.

Nell'ottica del «meglio un uovo oggi...» è comunque apprezzabile l'intervento operato con il comma 790 dell'articolo 1 della legge 160/2019 in materia di compensi spettanti ai soggetti che svolgono le attività di accertamento e di riscossione secondo cui «decorsi trenta giorni dalla ricezione della rendicontazione, il tesoriere, in mancanza di motivato diniego da parte dell'ente, provvede ad accreditare a favore del soggetto affidatario del servizio, entro i successivi trenta giorni, le somme di competenza, prelevandole dai conti correnti dedicati». L'efficace meccanismo congegnato è in grado da una parte di salvaguardare l'interesse dell'ente a non essere indebitamente spogliato delle somme riscosse e dall'altra di tutelare l'esigenza degli affidatari a incassare i compensi spettanti prima che le somme riscosse possano affluire alla gestione «ordinaria» e quindi essere assorbite da diverse esigenze.
Sarebbe stata meglio «…una gallina domani», invece, per quanto disposto con il comma 805 dell'articolo 1 che ha demandato a un decreto del ministro dell'Economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni, d'intesa con la conferenza Stato-città e autonomie locali, «la definizione dei criteri di iscrizione obbligatoria in sezione separata dell'albo di cui al medesimo articolo 53 per i soggetti che svolgono esclusivamente le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate».

La previsione del decreto attuativo ha corretto uno dei vulnus del precedente esperimento normativo in materia - il comma 11, dell'articolo 1 del Dl 148/2017, abrogato dopo pochi giorni dall'entrata in vigore dalla finanziaria del 2018 - ma non ha individuato i criteri direttivi in ordine al perimetro entro cui circoscrivere le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione, lasciando una ampia, e forse ingiustificata, discrezionalità nell'attuazione della norma. Le uniche previsioni di dettaglio riguardano il capitale minimo da possedere (500mila o 1 milione di euro a seconda che i servizi siano rivolti a comuni fino ai 200mila abitanti o oltre e alle province) e il termine del 31 dicembre 2020 per consentirne l'adeguamento del capitale ai soggetti già operanti nel settore. Un problema ermeneutico è invece posto dall'utilizzo dell'avverbio «esclusivamente» che interpretato in maniera letterale impedirebbe a questi soggetti di svolgere ulteriori attività a fronte invece di una non simile previsione per i «concessionari».

Nell'ottica invece dell'auspicata riforma complessiva il legislatore è intervenuto con delle disposizioni generali contenute nel comma 806 a norma del quale con uno o più decreti dovranno essere emanate linee guida sulle misure dei compensi e sui controlli per verificare il corretto adempimento contrattuale dei soggetti affidatari dei servizi di accertamento e riscossione prevedendo altresì la definizione di criteri relativi all'affidamento e alle modalità di svolgimento dei servizi (tenendo conto di livelli imprescindibili di qualità anche con riferimento al rispetto dei diritti dei contribuenti) e prevedendo obblighi di comunicazione e pubblicazione degli affidamenti e della remunerazione.

(*) Professore università Luigi Vanvitelli, avvocato, ricercatore di diritto tributario, dottore commercialista, revisore legale e componente comitato scientifico e docente Anutel

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