Fisco e contabilità

Coronavirus/7 - Smart Working in sette mosse

di Daniela Ghiandoni e Elena Masini

La nuova organizzazione dei servizi degli enti locali è sempre più problematica, in bilico tra l'individuazione delle attività essenziali che richiedono la presenza di personale negli uffici e le attività di lavoro agile da considerare quale modalità di erogazione ordinaria della prestazione. Ciò in quanto l'applicazione delle regole sperimentali introdotte dall'articolo 14 della legge 124/2015 è venuta meno già dal 2 marzo scorso, grazie al Dl 9/2020, come chiarito dalla circolare della Funzione pubblica n. 1/2020 e inoltre, a seguito dell'emanazione delle nuove previsioni contenute nel Dpcm 11 marzo - articolo 1, comma 6 - le attività lavorative da rendere nel periodo di emergenza devono essere svolte con modalità agile, fatte salve le sole attività indifferibili da rendere in presenza e quelle strettamente funzionali alla gestione dell'emergenza.

Vengono in soccorso le nuove norme del decreto «Cura Italia» che hanno di fatto prorogato le principali scadenze e i procedimenti amministrativi in corso, ma rimane il fatto che la scelta delle attività da mantenere aperte ricade sulla singola amministrazione, che le sta individuando con ordinanze sindacali o con atti di gestione del responsabile di servizio, trattandosi di prerogativa datoriale ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del Dlgs 151/2001, fatta salva la mera informazione alle parti sindacali.

Non ci sono elementi normativi che possano supportarne la scelta, in quanto le norme contrattuali introdotte nel caso di sciopero, che individuano le attività essenziali, non si adattano perfettamente a questa nuova realtà emergenziale. Di conseguenza le decisioni vanno assunte caso per caso, anche alla luce dei prevedibili futuri sviluppi, anche seguendo l'iter procedimentale inerente il lavoro agile suggerito dalle linee guida della Funzione pubblica già nel giugno del 2017 che, però, avevano individuato una progettualità che in questo momento deve essere snellita, in quanto l'urgenza lo richiede:
1. potenziare o introdurre il lavoro agile, da considerarsi quale modalità ordinaria di lavoro nel periodo emergenziale, salvo eccezioni;
2. incrementare la spesa già sostenuta per le attività di lavoro agile, se già precedentemente avviata o istituire ex novo il servizio, coprendo l'eventuale maggiore spesa con apposite variazioni di bilancio che sfruttino le risorse a disposizione, a condizione che siano garantiti gli equilibri di bilancio presenti e futuri;
3. adeguare i propri sistemi di monitoraggio e controllo interno, individuando specifici progetti e indicatori per la verifica dell'impatto sull'efficacia e sull'efficienza dell'azione amministrativa, nonché sulla qualità dei servizi erogati;
4. sottoscrivere accordi con il personale interessato e informare le organizzazioni sindacali, individuando modalità semplificate e temporanee di accesso, anche utilizzando attrezzature di proprietà dei dipendenti, prestando particolare attenzione ai lavoratori disabili;
5. garantire la copertura Inail (articolo 22 del Dlgs 81/2017);
6. fare in modo che le attività di lavoro agile costituiscano oggetto di valutazione nell'ambito dei percorsi di misurazione della performance organizzativa e individuale dei dipendenti;
7. comunicare al Dipartimento della funzione pubblica – a mezzo Pec al seguente indirizzo: protocollo_dfp@mailbox.governo.it – le misure adottate, coerentemente a quanto chiarito nella circolare, entro il termine di sei mesi.

In tempi meno sospetti, il legislatore aveva previsto che l'introduzione del lavoro agile dovesse avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Lo prevedeva già l'articolo 14 della legge 7 agosto 2015 n. 124 e l'articolo 18 della legge 22 maggio 2017 n. 81, che avevano introdotto nuove forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa

Le direttive della Funzione pubblica n. 1 e n. 2 del 2020, poi, hanno fornito le indicazioni in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-2019 nelle pubbliche amministrazioni, invitando a potenziare il ricorso al lavoro agile e confermandone l'obbligo.

A questo punto è inevitabile che le amministrazioni individuino fondi per effettuare acquisti di attrezzature informatiche da destinare all'utilizzo dei dipendenti presso il loro domicilio e, per tale motivo, sono state anche introdotte misure normative volte a garantire, mediante Consip, l'acquisizione delle dotazioni informatiche necessarie (articolo 75 del Dl 18/2020).

Va precisato che la clausola di invarianza finanziaria è sempre più utilizzata dal legislatore a chiusura di provvedimenti legislativi di riforma o di modifica di attività amministrative, anche complesse, nel rispetto dell'articolo 81, comma 3, della Costituzione, che prevede che ogni legge che introduca nuovi o maggiori oneri provveda anche ai mezzi per farvi fronte.

In buona sostanza, il legislatore usa la frase "senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica" per significare che l'amministrazione deve provvedere attingendo alle "ordinarie" risorse finanziarie, umane e materiali di cui può disporre a legislazione vigente. Ma ciò non preclude che l'ente non possa effettuare una spesa nuova o maggiore di quella precedente, se garantisce il rispetto degli equilibri finanziari dell'anno in corso e di quelli futuri, disponendo variazioni di bilancio per reperire risorse da altre voci di spesa o incrementando le entrate (Corte dei conti Basilicata, delibera n. 37/2016, n. 29/2016, 39/2016 e 45/2017 e deliberazione n. 127/2017 della Corte dei conti Abruzzo).

In conclusione, possiamo quindi affermare che dal 12 marzo 2020 l'attività di smart working diverrà, per molte amministrazioni, uno stile di lavoro ordinario e, a regime, le amministrazioni dovranno far attenzione affinché questa nuova modalità di lavoro non generi maggiori oneri per la finanza pubblica. Nel periodo di emergenza, invece, questo aspetto dovrà essere valutato nell'insieme delle attività da garantire per preservare la salute dei cittadini, le quali dovranno essere espletate sfruttando tutte le possibilità straordinarie previste dal decreto «Cura Italia». Spetterà quindi agli amministratori e ai responsabili che redigono la proposta di bilancio o ne dispongono le variazioni, giustificare che l'esercizio del potere discrezionale di previsione della spesa non alteri l'equilibrio finanziario, consolidando e realizzando le risorse delle quali possono disporre. Obiettivo di certo non semplice in questo contesto, in quanto le conseguenze economiche dell'emergenza richiederanno agli amministratori di rivedere integralmente le priorità degli interventi e le proprie strategie.

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