Fisco e contabilità

Decreto Anticrisi - Niente moratorie per bond e swaps

di Marco Santarcangelo

Numerosi sono gli interventi messi finora in campo dalle banche e dal governo per consentire agli enti locali di liberare risorse, distogliendole dal servizio del debito per destinarle alle spese tipiche rimaste senza copertura a fronte del calo delle entrate causato dal lockdown.

Mentre il governo si è infatti adoperato per la sospensione automatica della quota capitale dei mutui Mef (articolo 112 del Dl 18/2020) e ha chiarito che si può procedere alla rinegoziazione dei mutui anche nel corso dell'esercizio provvisorio e senza delibera di consiglio, la Cassa depositi e prestiti ha lanciato la più grande rinegoziazione di mutui di sempre, mentre l'Abi firmava una convenzione con l'Upi e l'Anci per concedere un periodo di moratoria. Anche l'Istituto per il credito sportivo ha seguito questa strada e pare che perfino la di solito rigida Bei stia valutando che azioni intraprendere.

Nessuno è però intervenuto sulle emissioni obbligazionarie o sugli swap, strumenti ormai desueti, in alcuni casi proibiti e pressoché dimenticati, che però hanno ancora un peso, in certi casi anche importante, tra le obbligazioni finanziarie di alcuni enti.

La «dimenticanza» ha sollevato proteste e richieste di intervento da parte di molti enti e delle associazioni di categoria, ma viene da chiedersi se si tratti proprio di una svista o se ci siano motivi diversi e sottesi.

Un punto rilevante da mettere preliminarmente in chiaro è che si tratta di strumenti diversi tra loro: mentre le emissioni obbligazionarie (sia nel formato domestico che internazionale) sono infatti degli strumenti di debito, le operazioni in strumenti derivati (swap) assolvono a un ruolo totalmente diverso, ossia quello di gestire il rischio di tasso legato ai pagamenti in conto interessi a servizio del debito. Non possono pertanto essere assimilati a strumenti di debito, né tantomeno trovare una soluzione simile. Hanno però delle caratteristiche comuni, in quanto si tratta di strumenti per molti aspetti non-standard, ma taylor-made sulla base delle specifiche esigenze degli enti al momento in cui sono stati contratti, ed in quanto tali difficilmente "rinegoziabili" applicando la stessa regola a tutte le situazioni.

Appare quindi opportuno trattare le criticità dei due strumenti in maniera separata, e solo successivamente si potrà provare a verificare l'esistenza di una soluzione.

Parlando quindi di emissioni obbligazionarie, non è un caso che sia l'articolo 39 del Dl 162/2019 (Milleproroghe - convertito dalla legge 8/2020), che il «Prestito Rifinanziamento» proposto dalla Cassa depositi e prestiti non prevedano (seppur in contesti e con modalità diversi) la possibilità di rifinanziare questi strumenti. Occorre infatti ricordare che gli enti locali, in base all'articolo 119 della Costituzione, «possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento». L'articolo 41, comma 2 della legge 448/2001 ha poi introdotto la possibilità di rifinanziare/rinegoziare i mutui in presenza di una convenienza economica per gli enti: «…gli enti possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996…».

Appare pertanto chiaro come lo stesso concetto non possa automaticamente estendersi alle emissioni obbligazionarie, essendo l'ambito di applicazione della norma chiaramente circoscritto alle sole operazioni di mutuo, costituendo questo un limite difficilmente valicabile per ipotizzare interventi che riguardino indistintamente tutte le emissioni obbligazionarie.

É appena il caso di notare come la norma crei qualche difficoltà anche sulle operazioni di mutuo, essendo al momento dibattuto se la stessa sia applicabile, nella parte in cui richiede la convenienza economica, anche alle attuali moratorie in atto. Molte banche, indipendentemente dall'aver aderito o meno alla convenzione Abi, si rendono disponibili a concedere moratorie solo quando il requisito della convenienza risulti verificato.

Da un punto di vista pratico, nel caso in cui l'emissione sia detenuta interamente da un unico investitore, non esiste in linea di principio una preclusione alla possibilità per un ente di entrare in una negoziazione diretta con lo stesso per rivedere i termini del contratto. Molto più complicato è il caso in cui gli investitori siano più di uno e quindi l'accordo debba essere trovato con la totalità, o comunque con una grande maggioranza degli obbligazionisti. In entrambi i casi, oltre alle difficoltà tecniche volta per volta applicabili, deve essere identificata una soluzione (difficilmente standardizzabile) che possa essere ritenuta vantaggiosa da entrambe le parti, ammesso che la stessa esista nel rispetto del principio della convenienza economica.

Per quanto riguarda i derivati la situazione è per certi versi ancora più complicata dato il perdurante divieto di rinegoziare le operazioni in essere se non per adattarle a modifiche che dovessero intervenire sul debito sottostante. Pur assumendo la (dubbia) disponibilità in linea di principio delle banche ad accettare una moratoria su tali strumenti, andrebbe chiarito se la stessa configuri o meno una modifica contrattuale e se, in quanto tale, sia ammissibile o meno.

Ciò che invece è senza dubbio consentito è la possibilità di estinguere anticipatamente queste operazioni ponendo però l'ente nella difficile situazione di dover trovare un modo di spesare il mark-to-market ove negativo.

Il quadro normativo sommariamente illustrato chiarisce i motivi che rendono estremamente difficile l'estensione del concetto di moratoria a questi strumenti.

In questo contesto un'alternativa spesso invocata da alcuni enti è quella di una cosiddetta soluzione di sistema. Sembra però poco probabile che un'iniziativa di questo genere possa trovare spazio, in quanto lo sforzo necessario per l'implementazione e per il conseguente coordinamento tra gli enti appare eccessivo vista anche la già citata difficoltà di un approccio standard ed il volume tutto considerato ridotto rispetto al totale del debito pubblico.

Rimane quindi aperto il tema su quali siano gli strumenti a disposizione degli enti che in passato hanno fatto ampio uso di questi prodotti.

L'unico vero strumento, come già accennato nel caso delle emissioni obbligazionarie, è la libertà negoziale tra le parti nel rispetto dei limiti imposti alla gestione finanziaria degli enti locali.

Questo comporta la necessità di spostare l'approccio al problema dalla mera attesa di interventi esterni, all'assunzione invece di un ruolo attivo, che muova da obiettivi preliminarmente identificati dall'ente, che siano chiari, certi ma soprattutto realizzabili, ossia ragionevoli e compatibili con le esigenze della controparte.

La difficoltà nel definire obiettivi con queste caratteristiche, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti tecnici e le esigenze delle controparti, è il vero problema che gli enti hanno difficoltà a superare nell' affrontare la questione.

L'unico modo per superare l'attuale empasse è quello di dotarsi della necessaria esperienza e conoscenza, acquisendola dall'esterno o da enti che già hanno affrontato con successo queste problematicità, oppure riuscendo a sensibilizzare le associazioni di categoria a muoversi nella direzione del supporto (anche con appositi percorsi di formazione) piuttosto che spingere per interventi legislativi difficilmente immaginabili.

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