Fisco e contabilità

Dl Anticrisi - I contributi degli enti locali alle imprese non sono aiuti di Stato

di Maurizio Lucca e Massimo Venturato

Il decreto legge 19 maggio 2020 n. 34 ha posto in essere una serie di interventi che direttamente e indirettamente aiutano l'economia e le imprese. Ora si pone l'interrogativo sul fatto che queste iniziative possono costituire o meno «aiuti di Stato», nei limiti del regime de minimis previsto nei Trattati comunitari.

È noto che l'aiuto di Stato è subordinato alla notificazione del provvedimento alla Commissione europea per la verifica della compatibilità con la normativa europea, con un effetto sospensivo in pendenza del giudizio di compatibilità comunitaria da parte della Commissione europea a fronte del quale «alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti... Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale» (obbligo di standstill).

Gli interventi degli enti locali, tuttavia, assumono una funzione e una dimensione diversa, in quanto contributi economici privi di controprestazione, essendo forme di assistenza verso i bisogni dei soggetti presenti nel territorio, secondo i principi primari del Dlgs 267/2000 (ossia, la cura degli interessi della comunità locale) che trovano fonte generale di riferimento nell'articolo 12 della legge 241/1990 oltre che nell'articolo 97 della Costituzione (il cosiddetto buon andamento).

L'articolo 12 della legge sul procedimento amministrativo dispone che «la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a … privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi».

Ne consegue che i contributi assolvono una funzione che è strumentale al perseguimento non tanto dell'interesse del beneficiario, quanto al primario interesse del soggetto erogante affinché sia raggiunto un bilanciamento imposto ex lege alla chiusura delle attività e servizi, determinando una situazione di bisogno che diversamente non si sarebbe presentata.

Infatti, la destinazione dei contributi è collegata allo stato di necessità, secondo qunato già detto dal Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 50/2017 in cui si afferma che «in ogni operazione di finanziamento non è intellegibile solo un interesse del beneficiario ma anche quello dell'organismo che lo elargisce il quale, a sua volta, altro non è se non il portatore degli interessi, dei fini e degli obbiettivi del superiore livello politico istituzionale; logico corollario è che le disposizioni attributive di finanziamento devono essere interpretate in modo rigoroso e quanto più conformemente con gli obiettivi avuti di mira dal normatore».

Dunque, i contributi alle imprese nelle politiche delle autonomie locali costituiscono un onere finanziario caratterizzato da quei criteri di proporzionalità e ragionevolezza coerenti con gli interventi tipicamente «emergenziali» di competenza dello Stato, a fronte della chiusura delle attività, o della forte contrazione della domanda.

Le erogazioni, similari ad altri interventi delle amministrazioni per incentivare l'uso di fonti rinnovabili o l'ammodernamento digitale delle imprese, non rivestono la connotazione di «aiuto di Stato», non potendo essere assimilate a un qualsiasi trasferimento di risorse pubbliche a favore di alcuni operatori o categorie economiche.

Il contributo assume la funzione tipica di assistenza a una situazione emergenziale di portata globale, non rivestendo quel carattere di vantaggio economico selettivo, capace di alterare la concorrenza e le condizioni di parità delle imprese nel marcato comune, con il correlato obbligo di pronunciamento della Commissione Ue.

Le erogazioni dovranno essere subordinate a criteri prestabiliti (bando), non necessariamente collegati ai redditi prodotti, quanto piuttosto al periodo di inattività o chiusura, parametro oggettivo e imparziale, rispondendo a politiche di giustizia sociale e di uguaglianza che si pone al di fuori delle regole concorrenziali e del mercato, non essendo collegate a fattori produttivi ma a misure sanitarie e di contenimento del contagio da Covid-19. I contributi trovano uno spettro di compatibilità costituzionale, valorizzando le iniziative delle singole amministrazioni, assolvendo il principio di solidarietà sociale e aiuto alle imprese che può essere garantito, anche da altri strumenti e azioni non necessariamente definiti dallo Stato.

Sul fronte dell'utilizzo di risorse finanziarie, l'ente potrà anche utilizzare, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 187 del Tuel, l'avanzo di amministrazione disponibile per destinarlo a contributi da erogare alle imprese quali spese correnti connesse all'emergenza in corso e ciò anche prima dell'approvazione del rendiconto 2019 in applicazione del secondo comma dell'articolo 109 della legge 27/2020 (di conversione del Dl 18/2020 «Cura Italia») nei limiti dell'80% della quota libera e a condizione che l'organo esecutivo abbia già approvato lo schema del rendiconto e l'organo di revisione ne abbia rilasciato la relazione, fatto salvo sempre la salvaguardia degli equilibri finanziari.

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