Fisco e contabilità

Imu e agevolazioni per gli immobili del turismo, la norma pone alcuni dubbi

di Andrea Giglioli (*) - Rubrica a cura di Anutel

L'articolo 177 del Dl Rilancio dispone che non è dovuta la prima rata Imu 2020 per diversi immobili che fanno parte del comparto turistico. Sebbene con questo intervento si voglia agevolare un settore che è entrato in sofferenza con le misure di contenimento all'epidemia da Covid-19 e che, probabilmente, continuerà a essere sofferente anche per i prossimi mesi, a una prima lettura del testo normativo emergono alcune perplessità sull'applicabilità del beneficio.

Occorre, preliminarmente, tenere a mente, come più volte affermato dalla Corte di cassazione (da ultimo la sentenza n. 8958/2020 proprio sulle esenzioni Imu), che le norme fiscali di agevolazione hanno natura eccezionale, e come tali non sono soggette a interpretazione analogica, in virtù del disposto dell'articolo 14 delle preleggi. Da ciò ne consegue che va perseguita l'applicazione rigorosa dei contenuti normativi.

Il Legislatore ha scelto di distinguere in due gruppi gli immobili destinatari del beneficio. Il primo, individuato dalla lettera a), ricomprende gli immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali e gli immobili adibiti a stabilimenti termali; il secondo, individuato dalla lettera b), ricomprende una vasta gamma di immobili destinati alle più diverse attività ricettive che vanno dalle strutture più complesse (alberghi, villaggi turistici, campeggi, eccetera) sino ad arrivare a quelle a gestione familiare (Bed Breakfast, rifugi di montagna, affittacamere).

Nel testo della lettera b) il Legislatore introduce una condizione secondo la quale per godere del beneficio i relativi proprietari degli immobili devono essere anche gestori delle attività ivi esercitate. L'inciso, non presente per gli immobili ricompresi nella lettera a), fa emergere un primo dubbio.

La norma fa esplicito riferimento al "proprietario" dell'immobile mentre, come ben si sa, in ambito Imu il proprietario, titolare di uno specifico diritto reale di godimento, rappresenta un sott'insieme dei soggetti passivi d'imposta che la normativa, regolata dall'articolo 1, commi da 738 a 783, legge 160/2019, qualifica con il più ampio termine di "possessori".

Seguendo il principio di applicazione rigorosa delle norma agevolativa ne discende che, così scrivendo, il Legislatore avrebbe attribuito il beneficio solo ad una parte dei possessori Imu (i proprietari) escludendo, di fatto, tutti gli altri. Il problema non è banale in quanto le strutture turistiche più rilevanti sono spesso detenute sulla base di contratti di leasing immobiliare e il soggetto passivo Imu, in questo caso, non è il locatore finanziario (proprietario) bensì l'utilizzatore, sicché l'utilizzatore, qualora gestore dell'attività, non potrebbe beneficiare dell'agevolazione in quanto non proprietario dell'immobile. Si dirà che il rilievo appare non in linea con lo spirito dell'agevolazione, ma così è stata scritta la norma, sarebbe bastato scrivere "possessore" anziché "proprietario" e il problema non si sarebbe presentato. Tra l'altro la relazione tecnica che accompagna il decreto non riporta il termine "proprietari" bensì "possessori" e, quindi, solo la relazione appare in linea con il regime Imu e con la conseguente estensione del beneficio a tutti i soggetti passivi.

Altro aspetto problematico inerisce il calcolo della rata di acconto Imu 2020 che risulterebbe non dovuta. Si è già più volte disquisito sull'infelice comma 762 della legge 160/2019, secondo il quale l'acconto Imu 2020 deve essere pari alla metà dell'Imu versata nel 2019, problematica che il Mef ha tentato di dirimere con la circolare n. 1/DF del 18 marzo 22020 qualora vi siano state variazioni negli immobili dal 2019 al 2020.

Nel caso nulla sia cambiato tra 2019 e 2020 la soluzione al quesito è banale: il contribuente non versa la rata di acconto Imu 2020 pari alla metà del totale dovuto 2020 che coincide col totale dovuto 2019.

Ma cosa accade se, ad esempio, il Comune ha aumentato l'aliquota 2020 rispetto al 2019. Dobbiamo rispolverare i ricordi di quando nel 2013 venne abolita la rata di acconto Imu per i terreni agricoli e per l'abitazione principale, poi ripristinata a saldo come mini Imu. Per i Comuni che avevano aumentato l'aliquota tra le due annualità, la rata di saldo doveva comprendere anche la differenza d'imposta relativa al primo semestre calcolata sulla differenza d'aliquota in quanto la rata di saldo era a conguaglio sull'acconto. Pertanto il diverso rapporto tra acconto e saldo a conguaglio 2020 (non solo in riguardo alle aliquote ma anche relativamente a modifiche nelle consistenza immobiliare) creerà non pochi grattacapi quando gli uffici si troveranno a controllare gli adempimenti tributari.

Si auspica un intervento correttivo in sede di conversione del decreto o con circolare del Mef.

(*) Docente Anutel - Componente Osservatorio Tecnico Anutel

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