Fisco e contabilità

Risoluzione Imu/2 - Il Mef stoppa anche le moratorie di sanzioni e interessi

di Pasquale Mirto

La tempistica non è giusta, ma neanche il contenuto. Pubblicare una risoluzione a 8 giorni dalla scadenza Imu dove si sostiene che le delibere adottate o in corso di adozione da parte di molti Comuni per la moratoria dei versamenti effettuati entro il 30 settembre, peraltro spesso limitate alle aziende in difficoltà economica causa Covid-19, crea non poco sconcerto.

Ad avviso del Mef, il Comune può solo differire la quota comunale, ma non quella statale. Nonostante lo Statuto dei diritti dei contribuenti che impone il minor numero di adempimenti a carico dei contribuenti, il possessore di un immobile di categoria D dovrà quindi versare a giugno la quota statale e potrà ritardare ad altra data, individuata dal Comune, la quota comunale. Certo, non si tratta di semplificazione. Ovviamente, non c'è alcun obbligo di adeguarsi alla risoluzione ministeriale, che per giurisprudenza ormai granitica non vincola nessuno, ma rappresenta un mero parere. Un parere che non sembra trovare un valido riscontro nella normativa di riferimento.

Occorre, preliminarmente, distinguere l'ipotesi di differimento generalizzato della prima rata (comma 777, lettera b), della legge n. 160 del 2019) che a stretto rigore non reca alcuna limitazione con riferimento alla quota del Comune o alla quota riservata allo Stato, dalla moratoria su sanzioni e interessi, regolamentabile (comma 775 della legge n. 160).

La tesi che non si possa differire la quota statale non trova alcun fondamento giuridico, in ragione del fatto che l'Imu è unica e si versa lo stesso giorno. Né la circostanza che una "quota" del gettito sia riservata allo Stato - da quantificarsi tramite l'applicazione dell'aliquota del 7,6 per mille sui fabbricati di categoria D - rende tale gettito come derivante da un tributo autonomo, sul quale sia precluso qualsiasi intervento regolamentare. Come detto, l'unica preclusione è nell'impossibilità di comprimere la quantificazione della riserva di gettito spettante allo Stato.

La circostanza che l'Imu è unica e che il versamento, della quota comunale e della quota riservata allo Stato, deve essere effettuato contestualmente, porta a ritenere che il Comune nel differire la quota comunale dovrebbe necessariamente differire anche la quota statale, anche per ragioni di semplificazione adempimentale, non potendosi pretendere dal titolare di fabbricati D due versamenti in date diverse. A ciò si aggiunga, che lo stesso ministero, nelle linee guida per la definizione dei regolamenti comunali relativi alla soppressa Imu, per la quale non era prevista la possibilità di differimento, ebbe a rimarcare che a differenza dell'Ici non era possibile differire il versamento, non essendo stato richiamato l'articolo 59 del Dlgs 446 del 1997, e anche in ragione del fatto che il versamento della quota riservata allo Stato «deve avvenire contestualmente al versamento della quota d'imposta spettante al comune». Accedendo alle stesse argomentazioni offerte dal ministero, e considerando che a differenza della soppressa Imu ora è prevista espressamente la facoltà di differimento, si conclude, nuovamente, per l'inevitabile differimento della quota statale in caso di intervento sulla quota comunale. Sul punto si è espresso anche Ifel (22 maggio) con uno schema tipo di differimento selettivo dei termini che non distingue tra quota comunale e quota statale dell'Imu.

Nella risoluzione ministeriale nulla si argomenta in merito all'applicabilità del comma 775 sulle circostanze esimenti in materia di violazioni dell'Imu. In realtà, l'attribuzione al Comune di definire queste circostanze, rientra nella più generale potestà regolamentare in tema di sanzioni prevista dall'articolo 50 della legge n. 449 del 1997, il quale rinvia all'articolo 3, comma 133, della legge n. 662 del 1996, comma questo, che alla lettera l) permette l'introduzione di "esimenti, attenuanti e aggravanti strutturate in modo da incentivare gli adempimenti tardivi", e la moratoria non è altro che un incentivo all'adempimento tardivo.

Esimente vuol dire non applicazione di sanzioni. D'altro canto, escludere la possibilità di disapplicazione delle sanzioni priverebbe lo strumento di qualsiasi utilità ed efficacia, posto che il contribuente tramite il ravvedimento operoso può già autonomamente, e legittimamente, effettuare versamenti volontari tardivi con applicazioni di sanzioni estremamente ridotte ed applicazione del tasso d'interesse legale, oggi fissato allo 0,05%. Quindi il comma 775 autorizza legittimamente la disapplicazione delle sanzioni e anche degli interessi.

Appaiono poi totalmente inconferenti le pronunce della Corte dei conti richiamate dalla risoluzione, in quanto queste riguardano ipotesi di transazioni, che ovviamente sono illegittime in quanto interessi e sanzioni sono indisponibili al pari dell'imposta. Ma il principio, come ricordano le Corte dei conti, trova parziale deroga nelle ipotesi espressamente contemplate dalla normativa, come l'accertamento con adesione o la conciliazione giudiziale, o, si deve aggiungere, il comma 775 della legge 160/2019.

Va infine rilevata la poca linearità delle esternalizzazioni ministeriali. Basti considerare che in tema di condoni comunali, che comportano l'azzeramento di sanzioni e interessi, il ministero ha costantemente ritenuto che questi possano essere deliberati dal Comune autonomamente in base alla potestà di cui all'articolo 52 del Dlgs 446/1997 (nota prot. 23873/2012), ipotesi poco meditata e smentita da diverse pronunce giurisprudenziali.
Insomma, confusione a tutti i livelli.

La risoluzione del Mef n. 5/Df/2020

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