Fisco e contabilità

Il fisco di Colao tra ambizioni e realtà

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Una vicenda solo apparentemente secondaria torna utile per misurare la distanza che separa la realtà dell’amministrazione italiana dallo slancio strategico del piano Colao. È accaduta martedì: nelle stesse ore in cui veniva diffuso il piano con le «Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022», in cui si fissa come primo obiettivo quello di «organizzare in modo sistematico e chiaro» le norme fiscali, si innescava l’ennesimo cortocircuito tributario con la risoluzione 5/2020 che prova a impedire ai Comuni di spostare la scadenza del 16 giugno dell’Imu statale pagata da imprese e centri commerciali, e dagli alberghi quando proprietario e gestore non sono la stessa persona.

La questione non è marginale perché la quota «statale» dell’imposta «municipale» (miracoli del fisco italiano) vale circa 1,7 miliardi, cioè più di un sesto del totale prodotto dall’acconto dell’Imu. E perché colpisce imprese e settori spesso schiacciati dalla crisi, e che secondo il piano Colao avrebbero bisogno in molti casi di aiuti fiscali su misura.

Si può spiegare anche così la freddezza con cui la politica ha accolto le 53 pagine del piano Colao, soprattutto dalle parti di una maggioranza che vede il rischio di invasioni di campo in uno dei passaggi più delicati per la sua tenuta. Anche se in realtà il rapporto del piano Colao con la realtà è più complesso, e restando al fisco si gioca su almeno tre livelli.

Il primo è molto concreto, al punto tale da suggerire proposte che per la verità indicano strade già battute dalla stessa maggioranza giallorossa. È il caso della «riduzione del cuneo fiscale», che il mese prossimo debutterà nella nuova forma ampliata nelle buste paga dei dipendenti con redditi fino a 40mila euro, e che per inciso avrà bisogno di almeno altri due miliardi per essere confermato l’anno prossimo. Oppure della compensazione dei debiti fiscali con i «crediti liquidi ed esigibili verso la Pa, anche tramite la costruzione di una piattaforma telematica». La piattaforma dei crediti commerciali (Pcc) esiste già, così come esistono forme di compensazione fra debiti e crediti, mentre proprio l’ultima manovra anticrisi rilancia lo smaltimento dei debiti commerciali di enti locali e sanità con 12 miliardi di anticipazioni da richiedere a Cassa depositi e prestiti. Tra i suggerimenti c’è anche una fiscalità di vantaggio per chi investe in strumenti che finanzino le società non quotate: un po’ come accade nei Pir.

Ma i capitoli concreti del piano Colao non si fermano ovviamente all’esistente, e si allargano anche a un livello più ampio. Ha fatto discutere, per esempio, l’idea di una sanatoria sul contante e sugli altri frutti di redditi non dichiarati, da collegare al pagamento di un’imposta sostitutiva e dall’impegno a impiegare almeno una parte «significativa» in investimenti produttivi. La sanatoria sul contante è un grande classico nelle discussioni dei decreti fiscali collegati alle manovre, è stata rilanciata nei giorni scorsi da Italia Viva ma non piace al Pd e nemmeno ai Cinque Stelle, come sa chi ricorda la vicenda della «manina» che secondo l’allora vicepremier Di Maio tentò di infilarla a loro insaputa nella manovra di fine 2018.

Ma le proposte fiscali del documento vanno anche oltre e si inerpicano fino a un terzo stadio dove l’ambizione torna a intrecciare un rapporto complicato con la realtà. Per esempio quando suggerisce con sintesi estrema di «differire il saldo imposte 2019 e il primo acconto 2020»: ottima idea, ma proprio la battaglia sugli 1,7 miliardi di Imu raccontata all’inizio dimostra la difficoltà di far andare d’accordo questi slanci ideali con le casse statali. Nelle pagine del rapporto piovono poi incentivi fiscali a tutto campo, per gli investimenti in start-up, per la formazione, per le aggregazioni di imprese, per il Terzo settore, per il turismo, per la mobilità dei ricercatori. Tutti obiettivi nobili, elencati però mentre il governo riprende in mano il dossier di una riforma fiscale che dovrebbe trovare le coperture proprio dal taglio delle tax expenditures.

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