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Concorsi pubblici, è anonima la prova priva di segni suscettibili di riconoscimento

di Vittorio Italia

La sezione III-ter del Tar Lazio, Roma, con sentenza n. 3413 del 13 marzo 2017, ha stabilito importanti principi sulle regole dell’anonimato nelle prove scritte dei concorsi pubblici e sui segni di riconoscimento. Esso ha confermato che: “La regola dell’anonimato degli elaborati scritti non deve essere considerata in modo tassativo ed assoluto, con la conseguenza che sono invalide le prove ogni volta che si possa anche soltanto ipotizzare il riconoscimento dell’autore dell’elaborato” e ha anche stabilito importanti indicazioni su alcuni ipotetici segni di riconoscimento.

Fatto
Ad un concorso pubblico bandito dal ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale per 35 posti di “segretario di legazione in prova”, una partecipante ha svolto la prova scritta, ma non l’ha superata, perché è stata valutata con un punteggio medio di 61,3 punti, con due insufficienze, rispetto ad una votazione media che doveva essere di 70, senza insufficienze. La candidata, che non ha ottenuto il passaggio agli esami orali, ha impugnato il risultato e ha proposto ricorso al Tar, sostenendo che nel procedimento vi erano state varie illegittimità, quali ad esempio l’illogicità dei criteri di massima e l’eccesso di potere. Il ministero si è costituito in giudizio, ha replicato alla tesi della ricorrente,  ha prodotto una documentata relazione sui fatti di causa e ha sostenuto l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso. Tra gli argomenti sostenuti dal ministero vi era quello che nelle prove scritte della candidata vi erano segni grafici di identificazione, con violazione della regola dell’anonimato, e in particolare vi erano degli “spazi vuoti” nella cosiddetta bella copia e il titolo della traccia era in maiuscolo “sottolineato” come, egualmente, era “sottolineato” il titolo della traccia in minuscolo. A questi argomenti la ricorrente ha opposto dei “motivi aggiunti”, sostenendo che negli elaborati degli altri concorrenti (da lei esaminati in base all’accesso alla documentazione concorsuale) vi erano dei segni grafici di identificazione, ma questi concorrenti erano stati ammessi alle prove orali. Il ricorso della candidata è stato respinto dal Tar del Lazio, perché le censure sui criteri di massima e l’eccesso di potere sono state ritenute non fondate. Ma la sentenza ha preso in considerazione anche il problema della regola dell’anonimato e dei segni di riconoscimento e ha stabilito importanti principi per la loro interpretazione.

La sentenza
I giudici hanno così argomentato:
1)
la regola dell’anonimato nei pubblici concorsi “non deve essere intesa in modo assoluto e tassativo” per cui si dovrebbero “invalidare le prove ogni volta che sia solo ipotizzabile il riconoscimento dell’autore del compito”;
2)
questa regola deve essere intesa nel senso che il segno “deve avere un carattere oggettivamente ed incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta”;
3)
secondo i giudici, gli “spazi vuoti” nella bella copia, il titolo “sottolineato” della traccia in maiuscolo e in minuscolo non presentano sufficienti caratteri di anomalia per comprovare “in modo inequivoco” l’intenzione degli autori di rendere conoscibili i propri elaborati alla commissione o ad un solo componente di essa.

Valutazione della sentenza
La sentenza, per il punto che è stato qui considerato, è corretta e bene argomentata. Il giudizio sulla riconoscibilità dei segni espressi nelle prove scritte è un giudizio discrezionale e i Giudici hanno ritenuto che i segni indicati (spazi vuoti e titoli “sottolineati”) non presentavano caratteri sufficienti di anomalia. In contrario a quanto affermato nella sentenza si potrebbe obiettare che in relazione ai segni di riconoscimento si deve tener conto della “malizia” dei candidati, per cui un segno che ad un giudizio oggettivo appare “neutro” o non significativo, può invece costituire, in base ad un precedente accordo con uno o più commissari, elemento di riconoscibilità. Ma l’obiezione non sarebbe determinante. La valutazione di questi segni è una valutazione discrezionale, ma la loro anomalia va calcolata in base a quelle che sono comunemente le regole di scrittura. La sentenza, approfondendo questo punto, ha esattamente rilevato nell’ultima parte della motivazione che in altre occasioni si erano riscontrate delle “ipotesi di stesura dello scritto a partire dal secondo rigo della facciata”, e che tale modalità era stata ritenuta dalla precedente giurisprudenza “del tutto consueta ed assai frequente”. In conseguenza, la valutazione dell’anomalia di questi segni non si basa su una discrezionalità assoluta, ma essa è temperata dall’uso “consueto e frequente” di tali segni. La sentenza ha così indicato un positivo criterio di valutazione di quei segni che sono in contrasto con la regola dell’anonimato ed è degna di approvazione.

Conseguenze per casi simili
 Per tutti i casi simili che si possono presentare, questa sentenza - specie per le considerazioni contenute nell’ultima parte della motivazione - costituisce un importante ed utile punto di riferimento.

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