Personale

Gli incarichi ai dirigenti entrano nei tetti alle assunzioni

di Giovanni G.A. Dato

La recente deliberazione della Corte dei conti, Sezione Regionale Controllo Campania, 4 maggio 2017, n. 66/2017/PAR ha esaminato la richiesta di parere avanzata da un Comune in ordine alla corretta interpretazione ed applicazione dell’articolo 9, comma 28, del Dl. n. 78/2010, ed in particolare se ed in che modo gli incarichi dirigenziali conferiti ex art. 110, comma 1, Dlgs n. 267/2000, cd Tuel, siano computabili nel tetto di spesa stabilito dalla norma di cui al comma 28 citato, nonché se tale ultima disposizione riguardi i soli incarichi dirigenziali in senso stretto o anche quelli relativi a figure con alta professionalità dell’area retributiva D, già in servizio o reperibili all’esterno, alle quali conferire la responsabilità di un servizio o di un ufficio, se previsto dello Statuto dell’Ente.

Il primo quesito
E’ noto che se in un primo tempo la Corte dei conti, Sezione delle autonomie, aveva escluso gli incarichi dirigenziali di cui all’art. 19, comma 6-quater, del D.Lgs. n. 165 del 2001 dai limiti di spesa dell’art. 9, comma 28, del Dl. n. 78/2010, in seguito alla novella normativa del 2014 la stessa Sezione delle Autonomie ha modificato il proprio orientamento, affermando la riconducibilità degli incarichi dirigenziali conferiti dagli enti locali ai sensi dell’articolo 110, comma 1, ai limiti assunzionali di cui al citato articolo 9, comma 28, del Dl. n. 78/2010.
La giurisprudenza contabile ha peraltro evidenziato che i vincoli in materia di cd “lavoro flessibile” hanno carattere indefettibile e sono rivolti anche ad evitare che le PP.AA. soggette ad un regime limitativo delle assunzioni a tempo indeterminato possano ricorrere all’utilizzo di contratti di lavoro flessibile per eludere il blocco assunzionale.
In proposito, la Corte costituzionale, proprio con riferimento al più volte citato articolo 9, ha osservato che tale disposizione pone un obiettivo generale di contenimento della spesa relativa ad un vasto settore del personale (quello costituito da quanti collaborano con le Pa in virtù di contratti diversi dal rapporto di impiego a tempo indeterminato) e lascia a ciascun ente pubblico determinare se e quanto ridurre la spesa relativa a ogni singola tipologia contrattuale, ferma restando la necessità di osservare il limite della riduzione del 50% della spesa complessiva rispetto a quella sostenuta nel 2009.

Il secondo quesito
Con riferimento alla questione della riferibilità della disposizione contenuta nel comma 1 dell’articolo 110 Tuel ai soli incarichi dirigenziali in senso stretto o anche a quelli relativi a figure con alta professionalità dell’area retributiva D già in servizio o reperibili all’esterno alle quali conferire la responsabilità di un servizio o di un ufficio se previsto dello Statuto dell’Ente, la deliberazione in commento evidenzia l’ontologica differenza sussistente tra le due fattispecie, di cui l’una (incarichi dirigenziali a contratto) si caratterizza per l’instaurazione di un rapporto di dipendenza (pur se a tempo determinato) a seguito del superamento di apposita procedura concorsuale, mentre l’altra (collaborazioni esterne per obiettivi determinati, basate su convenzioni a termine) si realizza a seguito dell’esperimento di procedura di evidenza pubblica e non dà mai luogo ad un rapporto di lavoro subordinato rispetto all’ente.
Ora, pur essendo vero che il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego rende sempre più emergente la problematica del reperimento di personale qualificato, è altrettanto e particolarmente vero che dietro l’affidamento di siffatti incarichi (art. 7, comma 6, D.Lgs. 165/2001 e art. 110, comma 6, Tuel) si sono sovente celati rapporti sostanzialmente riconducibili ad assunzioni a termine; il che ha richiesto interventi legislativi intesi a regolamentare la trasparenza e la pubblicità procedurali di affidamento degli incarichi di collaborazione esterna, ma anche ad imporre alle PP.AA. medesime limiti e tetti di spesa via via sempre più rigorosi; questo, alla luce del più generale principio secondo cui una volta che la legge statale abbia prescritto criteri ed obiettivi, sta alle autonomie regionali e agli enti locali adottare nel dettaglio gli strumenti concreti per raggiungere quegli obiettivi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©