Personale

Utilizzo resti assunzionali, diritto allo studio, periodo di prova e congedo matrimoniale

di Gianluca Bertagna

La rubrica settimanale con le indicazioni sintetiche delle novità normative e applicative intervenute in tema di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni.

Capacità assunzionale del triennio precedente
L'articolo 3, comma 5, del Dl 90/2014 (convertito nella legge 114/2014) prevede la possibilità di utilizzare le capacità assunzionali residue del triennio precedente.
Ma da quando decorrere il riferimento temporale?
La Corte dei conti della Campania, con deliberazione n. 68/2017/Par, ritiene che in ordine al dies a quo da prendere come riferimento per procedere a ritroso al calcolo dei «resti» cumulabili, da un lato presuppone la programmazione, dall'altro non può che assumere a riferimento il primo esercizio finanziario dell'orizzonte temporale della programmazione medesima di cui all'articolo 91, comma 1, del Tuel (nonché articolo 6 del Dlgs 165/2001 e articolo 39, comma 1, della legge 449/1997).

Permessi per diritto allo studio nelle posizioni organizzative
Un ente ha chiesto un parere all'Aran al fine di conoscere le regole per fruire dei permessi retribuiti per il diritto allo studio, di cui all'articolo 15 del Ccnl del 14 settembre 2000 da parte di un dipendente incaricato di posizione organizzativa e se quest'ultimo abbia diritto a percepire la retribuzione di posizione per le giornate in cui si assenti per fruire dei permessi per il diritto allo studio. L'Agenzia, con parere Ral_1924_Orientamenti Applicativi dell’11 maggio 2017, evidenzia che nella disciplina contrattuale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie locali non è prevista alcuna norma specifica che escluda l'applicabilità dell'istituto dei permessi per il diritto allo studio nei confronti del personale incaricato di posizione organizzativa. Peraltro, poiché i permessi per il diritto allo studio sono retribuiti, non si porrebbe alcun problema di eventuale decurtazione del trattamento economico del personale che ne fruisce, ivi compresa la retribuzione di posizione dei titolari di posizione organizzativa.

Licenziamento per mancato superamento periodo di prova
La Corte di cassazione civile, sezione Lavoro, con la sentenza n. 9296/2017, ha esaminato il caso della legittimità del licenziamento di un dipendente della Pa che non aveva superato il periodo di prova giungendo alla conclusione che alla luce del quadro normativo vigente, è evidente che tutte le assunzioni alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche sono assoggettate all'esito positivo di un periodo di prova, e ciò avviene ex lege e non per effetto di un patto inserito nel contratto di lavoro dall'autonomia contrattuale. Nell'ambito dei rapporti di lavoro «privatizzati» alle dipendenze di pubblica amministrazione, quindi, il recesso del datore di lavoro nel corso del periodo di prova ha natura discrezionale e dispensa dall'onere di provarne la giustificazione diversamente da quel che accade nel recesso assoggettato alla legge 604/1966. Spetta al lavoratore dimostrare la contraddizione tra recesso e funzione dell'esperimento o anche la sussistenza del motivo illecito del licenziamento e tale onere può essere assolto anche attraverso presunzioni, che, però, per poter assurgere al rango di prova, debbono essere «gravi, precise e concordanti».

Part time verticale e congedo matrimoniale
È stato sottoposto all'Aran un quesito particolare sul differimento della fruizione del periodo di permesso per matrimonio, da parte di un dipendente con rapporto a tempo parziale di tipo verticale, con orario di lavoro distribuito solo sui primi 15 giorni di ogni mese, il quale fruisca di un giorno di ferie nel giorno del matrimonio (15 luglio) e chieda di avvalersi del periodo di permesso retribuito, di cui all'articolo 19, comma 3, del Ccnl del 6 luglio 1995, con decorrenza dal 1° al 15 del mese agosto, ossia nell'ambito del periodo lavorabile in base al rapporto di lavoro a tempo parziale in essere. L'Agenzia, con parere Ral_1926_Orientamenti Applicativi del 11 maggio 2017, sottolinea che, in ordine alla decorrenza dei permessi per matrimonio, con specifico riferimento all'espressione «in occasione del matrimonio» contenuta nell'articolo 19, comma 3, del Ccnl del 6 luglio 1995, è stato precisato che «tale necessario collegamento, anche se non significa che la giornata del matrimonio deve essere sempre ricompresa nei quindici giorni di permesso, non può neanche comportare che la relativa fruizione sia del tutto svincolata dell'evento giustificativo». In ogni caso, l'Aran ritiene che il lavoratore a tempo parziale di tipo verticale, con articolazione dell'orario di lavoro su 15 giorni mensili, che contragga matrimonio in giornata di ferie ricadente nell'ultimo giorno del periodo lavorativo, possa fruire dei 15 giorni di permesso retribuito per matrimonio, con decorrenza dal primo giorno del successivo periodo di lavoro, secondo le previsioni del contratto di lavoro a tempo parziale stipulato, senza che si determini quello scollamento tra permesso ed evento giustificativo dello stesso, che la formulazione della clausola contrattuale intende evitare.

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