Personale

Stabilizzazione dei precari con l’incognita dei vincoli

L’ampia stabilizzazione dei lavoratori precari costituisce il tratto caratterizzante di maggiore rilievo come impatto immediato sulle singole amministrazioni del Dlgs 75/2017. Questa volontà legislativa non significa però che automaticamente si avranno stabilizzazioni per gli attuali precari, perchè ci sono numerosi e rigidi vincoli da rispettare.

Capacità assunzionali
L’ampliamento più significativo nella direzione della stabilizzazione è costituito dalla possibilità di superare il tetto delle capacità assunzionali dell’ente. Sulla scorta del metodo già sperimentato con la legge 107/2015 per i docenti statali e dal Dl 113/2016 per le educatrici degli asili nido e le docenti delle scuole materne comunali, le possibilità di stabilizzazione sono infatti molto ampliate. I Comuni possono infatti utilizzare in tutto o in parte la spesa media per le assunzioni flessibili del triennio 2015/2017 aggiungendole alle ordinarie capacità assunzionali, che peraltro sono state di recente aumentate dalla legge di conversione del Dl 50/2017. Occorre dimostrare che il Comune è in possesso dei requisiti per le assunzioni, che la spesa per le assunzioni flessibili viene diminuita in modo permanente, che non si determinano maggiori oneri e che comunque le spese sono sostenibili.

Gli ampliamenti della norma
Altri importanti ampliamenti sono la possibilità di calcolare, ai fini della maturazione dei tre anni di anzianità, i periodi di servizio prestati presso lo stesso ente negli ultimi otto, l’assenza dell’obbligo di essere attualmente in servizio (il che costituisce solo una priorità) e di aver svolto la propria prestazione in modo continuativo, nonchè la necessità di essere stato in servizio dopo il 28 agosto 2015, data di entrata in vigore della legge delega 124/2015. Occorre inoltre ricordare che il concorso iniziale, necessario per potere essere stabilizzati direttamente, può essere anche stato sostenuto presso un’altra Pa. E ancora che, nel caso di amministrazioni interessate da processi di riforma delle competenze, si può sommare l’anzianità maturata presso l’ente di provenienza, e nella sanità e negli enti di ricerca si può maturare l’anzianità prestata presso enti analoghi. Occorre chiarire se i concorsi per le stabilizzazioni dei dipendenti a tempo determinato non assunti tramite una procedura selettiva pubblica e dei co.co.co, fermo restando che il tetto massimo è un numero non superiore alla metà dei posti disponibili, possono essere interamente riservati. Si può invece considerare acquisito che possano essere effettuate direttamente le stabilizzazioni in posti per i quali il titolo di studio per l’accesso dall’esterno è la scuola dell’obbligo.

I limiti
Ma numerosi sono anche i limiti che frenano il ricorso a questo istituto: in primo luogo, possono essere stabilizzati solo i dipendenti a tempo determinato, i co.co.co e i lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità. C’è una specifica esclusione per i somministrati e i dirigenti, e per chi è stato assunto come componente un ufficio di staff di organi politici di qualunque Pa e, negli enti locali, per gli assunti ex articolo 110 del Tuel. Inoltre, la stabilizzazione è una possibilità delle Pa e non un obbligo. L’anzianità deve maturare alla data del 31 dicembre 2017, il che preclude il requisito per le migliaia di Lsu ed Lpu assunti a tempo determinato da enti locali del Sud che hanno bisogno dell’autorizzazione del ministero dell’Interno per procedere ad assunzioni. E, soprattutto, il ricorso alla stabilizzazione è precluso ai Comuni che negli anni dal 2012 al 2016 non hanno rispettato i vincoli di finanza pubblica. In questi vincoli è compreso il rispetto di Patto e pareggio di bilancio, ma non è chiaro se il riferimento si estenda al dissesto, alla deficitarietà strutturale e ai vincoli alla spesa del personale. Comunque si interpreti la norma, è evidente che un elevato numero di amministrazioni non potrà dare corso a stabilizzazioni.

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