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Spese legali: «no» al rimborso per il Carabiniere assolto se il fatto non è connesso all'espletamento del servizio

di Alberto Ceste

Il rimborso delle spese di patrocinio legale relative al giudizio penale promosso nei confronti di un dipendente di un'Amministrazione statale (nel caso concreto, un Maresciallo dell'Arma dei Carabinieri) che si sia concluso con sentenza o con provvedimento che esclude la sua responsabilità (nella specie, sentenze assolutorie sia in primo sia in secondo grado), è dovuto dall'Amministrazione di appartenenza (ministero della Difesa) unicamente se il fatto o l'atto penalmente rilevanti siano stati direttamente connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento degli obblighi istituzionali.
In caso contrario (come nell'occasione, in cui la denuncia di altro militare dell'Arma per i reati di insubordinazione con minaccia e con ingiuria riguardavano fatti occorsi giorni precedenti), anche se i fatti si siano svolti nello svolgimento dell'attività di servizio, ma si sono poi sostanziati in una lite personale tra i due militari, nulla è dovuto.
Lo ha ribadito il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna – Bologna, Sezione I, con la sentenza n. 467 del 22 giugno 2017, nell'applicazione dell'articolo 18 comma 1 del Dl 25 marzo 1997, n. 67, convertito con modificazioni dalla legge 23 maggio 1997, n. 135.

I presupposti per il rimborso delle spese legali
La tutela legale apprestata dal citato articolo 18, comma 1, del Dl n. 67 del 1997 subordina il diritto ad ottenere il rimborso delle spese legali sostenute in un giudizio per responsabilità penale, civile o amministrativa, ai seguenti presupposti:
-        che il richiedente sia un dipendente statale, non valendo la norma per dipendenti di altre Pubbliche amministrazioni (presupposto soggettivo);
-        che via sia il nesso tra i fatti o gli atti da cui è originato il giudizio e l'espletamento del servizio o l'assolvimento degli obblighi istituzionali (presupposto oggettivo);
-        che siano state pronunciate in maniera definitiva o una sentenza assolutoria oppure un provvedimento che escluda la responsabilità del dipendente.
Secondo la consolidata giurisprudenza, infatti, la ratio sottesa alla norma investigata è quella di riconoscere le spese legali sopportate solo ai soggetti che abbiano agito in nome e per conto, oltre che nell'interesse, dell'Amministrazione, di modo tale che gli atti od i fatti siano riconducibili all'attività funzionale del dipendente, in un rapporto di stretta dipendenza con l'adempimento dei propri obblighi.
Deve trattarsi, in sostanza, di attività che necessariamente si ricollegano al diligente esercizio della funzione pubblica e che siano strumentalmente ricollegate all'adempimento del dovere d'ufficio, nel senso che il dipendente non avrebbe assolto ai propri compiti se non compiendo quel fatto o quell'atto.
Visti i presupposti della norma in esame, ne deriva pacificamente che la ratio dell'articolo 18, comma 1, del Dl n. 67 del 1997 è funzionale ad evitare che i soggetti agenti in nome e per conto dell'Amministrazione di appartenenza subiscano l'onere delle spese legali di un procedimento in cui siano stati coinvolti solamente in virtù dell'incarico istituzionale da essi svolto.

La sentenza
La sentenza in commento pare consapevole della circostanza per cui l'Amministrazione statale è tenuta a contribuire alla difesa del proprio dipendente rimborsandogli le spese legali nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato, ma solamente se la stessa ha un proprio interesse specifico e prevalente a veder sanzionate le attività abusive compiute dal soggetto in violazione dei doveri d'ufficio ed al fine di perseguire utili privati.
Conseguentemente, il Tar respinge l'appello proposto dal sottufficiale denunciato e dichiara per l'effetto legittimo il diniego del ministero della Difesa al rimborso.
Osserva il Collegio come i fatti del giudizio penale si sono sì prodotti nello svolgimento dell'attività di servizio del ricorrente, ma si sono sostanziati, in concreto, in una lite personale tra i due militari contendenti, «avente quale causa solo indiretta una causa di servizio svolta nei giorni immediatamente precedenti».

Conclusioni
Pertanto, poiché lo svolgimento del servizio ha costituito un mera occasione per il compimento dei fatti che hanno originato il giudizio penale, gli elementi in possesso del Giudicante non sono oggettivamente idonei e sufficienti per riconoscere all'istante il rimborso delle spese sostenute per difendersi penalmente.

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