Personale

Stalking al capo che molesta la dipendente ma il Comune deve partecipare al risarcimento

È stalking lapersecuzione professionalenei confronti di una dipendente da parte del superiore. E il datore di lavoro, nel caso esaminato il Comune è tenuto a risarcire in solido con lo stalker i danni subiti dalla vittima. La Cassazione (sentenza n. 35588, depositata ieri) analizza sia il ricorso del persecutore, che contestava il reato, sia della parte civile, contro la decisione della Corte d’appello di negare il risarcimento danni e la responsabilità indiretta del Comune: per i giudici di merito mancava il nesso di «occasionalità necessaria».

Il caso
I giudici della quinta sezione penale respingono il ricorso del persecutore e accolgono quello della parte civile. Ad essere condannato per stalking era stato il gestore di una biblioteca di un Comune milanese che aveva molestato una dipendente. L’uomo aveva messo in atto una “persecuzione professionale” tradotta in violenze morali e atteggiamenti oppressivi a sfondo sessuale.
L’originale capo di imputazione di violenza privata aggravata era stato modificato, nel corso del dibattimento, in atti persecutori (articolo 612-bis del codice penale). Il cambio “in corsa” del reato contestato é stato oggetto di una delle eccezioni sollevate dalla difesa dell’imputato, che negava anche i presupposti del reato di stalking e la possibilità di applicare la norma, entrata in vigore nel 2009, rispetto a condotte iniziate prima della sua introduzione. Secondo il ricorrente le contestazioni facevano riferimento a “violenze morali” , mentre l’articolo 612-bis del Codice penale richiederebbe l’esistenza di molestie o minacce.

La decisione
La Cassazione ricorda che con l’introduzione del reato di stalking il legislatore ha colmato un vuoto di tutela per condotte che , anche se non violente, producono nella vittima «un apprezzabile turbamento». Nel caso specifico gli atti si sono manifestati in più occasioni provocando nella vittima un accumulo di disagio, degenerato nella prostrazione psicologica descritta dall’articolo 612-bis del codice penale. In virtù dell’abitualità del reato vengono meno sia il presupposto per la prescrizione, che decorre non dall’inizio delle persecuzioni ma dall’ultimo atto, sia la presunta illegittimità di un’applicazione “retroattiva” della norma sullo stalking: le condotte sono continuate , infatti dopo l’entrata in vigore del reato. I giudici accolgono invece il ricorso della parte civile e rinviano alla Corte d’Appello perchè riveda la decisione sulla responsabilità del Comune.
Secondo i giudici la Pubblica amministrazione deve essere riconosciuta civilmente responsabile per il comportamento dei suoi dipendenti in base al criterio dell’occasionalità necessaria, a meno che le azioni illecite non siano del tutto imprevedibili ed eterogenee rispetto ai compiti istituzionali. I giudici sono consapevoli di un diverso orientamento secondo il quale il nesso di occasionalità va escluso quando il dipendente agisce per finalità di carattere personale. Tuttavia nel caso esaminato, anche se parte delle azioni persecutorie sono state messe in atto durante la pausa pranzo o al di fuori dell’orario di lavoro per la Cassazione«l’esercizio delle funzioni pubbliche ha agevolato il danno nei confronti della persona offesa». Nè conta che le “pressioni” siano state interrotte dopo l’intervento di un superiore gerarchico del ricorrente.

La sentenza della Corte di cassazione n. 35588/2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©