Personale

Risarcimento al dipendente assunto a tempo determinato anche solo per accordo verbale

L’ indennizzo risarcitorio previsto dall’articolo 36 del Dlgs 30 marzo 2001 n. 165 (Testo Unico del pubblico impiego ), il quale risulta dovuto a fronte della costituzione di un contratto a tempo determinato o di altre forme di lavoro flessibile alle dipendenze della pubblica amministrazione in assenza delle prescritte condizioni vincolanti, si applica anche in caso di rapporto di lavoro a termine costituito in mancanza di forma scritta .
La Corte di cassazione ha reso questo principio con la sentenza n. 21065 depositata lo scorso 11 settembre, nella quale ha rimarcato che il risarcimento ai sensi dell’articolo 36 del Dlgs 165/2001 non deriva dalla mancata conversione del rapporto ope legis, che risulta esclusa nel pubblico impiego alla luce dei parametri costituzionali, ma dalla prestazione dell’attività in violazione di norme imperative sul reclutamento del personale.

La regola del testo unico
L’articolo 36 prevede, al riguardo, che la violazione delle norme imperative che riguardano l’assunzione, tra l’altro, dei lavoratori a termine da parte della pubblica amministrazione comporta il diritto del lavoratore al risarcimento del danno. Facendo applicazione di questa disposizione di legge, la quale costituisce uno dei tratti distintivi rispetto ai rapporti di lavoro privato - nei quali, a fronte di un contratto a termine irregolare, si sarebbe prodotta la conversione a tempo indeterminato del rapporto - la Cassazione rimarca che il danno risarcibile ai sensi dell’articolo 36 del Testo Unico del pubblico impiego deriva dalla prestazione dell’attività lavorativa in spregio alle norme sull’assunzione e sull’impiego dei lavoratori nella pubblica amministrazione.
Né l’indennizzo previsto dall’articolo 36 risulta precluso alla luce del fatto che la prestazione lavorativa era stata svolta senza che fosse stato stipulato un contratto scritto tra le parti, in quanto ad avviso della Cassazione il risarcimento previsto dalla norma del Testo Unico si aggiunge alla tutela offerta dall’articolo 2126 del Codice civile sulla retribuzione delle prestazioni di fatto svolte dal lavoratore.

Il caso
Il caso sottoposto alla Corte era relativo al rapporto di lavoro intercorso per 18 mesi tra un Ordine territoriale degli avvocati e una lavoratrice assunta, ma senza formalizzazione per iscritto del contratto, in sostituzione di un dipendente assente con diritto alla conservazione del posto. La Corte d’appello, confermando l’esito del giudizio di primo grado, aveva dichiarato la nullità del contratto di lavoro per mancanza di forma scritta e condannato l’Ordine degli avvocati a versare, in aggiunta alla retribuzione per le prestazioni svolte, un indennizzo risarcitorio in misura pari a 6 mensilità della retribuzione.
L’Ordine degli avvocati è ricorso per Cassazione sul presupposto che in caso di contratto privo di forma scritta l’unica tutela applicabile risiede nel versamento della retribuzione per la prestazione resa in via di fatto ai sensi dell’articolo 2126 del Codice civile, laddove risulterebbe inibita la tutela prevista dall’articolo 36 del Testo Unico per essere quest’ultima inapplicabile ad un rapporto inesistente per mancanza della forma scritta.

La decisione
I giudici di legittimità bocciano questa interpretazione e ribadiscono che la tutela risarcitoria ex articolo 36 è prevista anche per i rapporti a tempo determinato costituiti in assenza di forma scritta, posto che anche in questo caso si realizza una violazione delle norme sul pubblico impiego in materia di reclutamento del personale con forme di lavoro flessibile.

La sentenza della Corte di cassazione n. 21065/2017

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