Personale

Recuperi diretti sul dipendente delle somme per la progressione «sbagliata»

di Gianluca Bertagna

Un errore nella corresponsione delle progressioni orizzontali, va recuperato direttamente sui dipendenti e non con una riduzione del fondo del salario accessorio degli anni successivi. È questa la principale conclusione della deliberazione n. 249/2017 della Corte dei conti della Lombardia che esamina il caso di un Comune che, accortosi di avere inquadrato fin dal 2008 un dipendente in uno “scalino economico” superiore, intende operare il recupero delle somme indebite sullo stesso lavoratore e non con riduzioni sul fondo del trattamento accessorio.

Il recupero delle somme
La chiarezza espositiva del quesito riesce a mettere insieme sia le disposizioni dell'articolo 40 del Dlgs n. 165/2001 che quelle dell'articolo 4 del Dl n. 16/2014. In modo particolare viene evidenziato che l'errata erogazione della progressione orizzontale, in presenza di un fondo regolarmente e correttamente costituito, rappresenta una violazione contrattuale che obbliga il recupero della somma indebita direttamente in capo al lavoratore, fattispecie diversa dal superamento del vincolo finanziario che, invece, comporta il recupero sul fondo degli anni successivi. Semplificando, la Corte dei conti, fornisce risposta al quesito: se il fondo è correttamente costituito, ma in sede di contrattazione viene inserita una clausola nulla, come si procede? La risposta è quella in esame: recuperando le somme sul dipendente ai sensi dell'articolo 2033 del codice civile.

Il limite temporale
Vi è però un limite a tale recupero. Infatti il comma 3 dell'articolo 4 del Dl n. 16/2014 dichiara, in presenza di alcuni elementi di virtuosità da parte degli enti, la non nullità delle clausole incompatibili con i contratti nazionali e le norme di legge, ma solamente per i contratti stipulati fino al 31 dicembre 2012. Nel caso che stiamo esaminando, l'inquadramento errato del dipendente risaliva al 2008 e, pertanto, il Comune potrà recuperare le somme per le sole annualità dal 2013 in poi, in quanto per il periodo precedente vigeva, appunto, la cosiddetta sanatoria.
Fino a qua è tutto molto chiaro e finalmente si mette un tassello certo sul corretto modo di operare per gestire i possibili “errori” del fondo a seconda che si tratti di errate costituzioni (recupero sui fondi degli anni successivi) o di sbagliate erogazioni (recupero sui dipendenti).

Il risparmio
A questo punto, il Comune, aggiunge giustamente una questione: con le somme che vengono recuperate dal dipendente, è possibile integrare il fondo del salario accessorio equiparandole a risparmi dei fondi degli anni precedenti? In effetti, a ben vedere, poiché i fondi erano stati correttamente costituiti, l'inquadramento del dipendente a una posizione economica inferiore, avrebbe comportato una riduzione dell'utilizzo delle risorse stabili che appunto avrebbero generato economie sul fondo. Poiché la parte stabile del fondo è “obbligatoria”, con il recupero delle somme sul dipendente, sembrerebbe, quindi, logico e razionale pensare che tali risorse ritornino, eccezionalmente come quota variabile di un anno, nella disponibilità del fondo.
Per la Corte dei conti, però, non è così e la cosa, di fatto un po' sorprende. La motivazione a favore di una risposta negativa, dicono i giudici, risiede nel fatto che non esiste norma contrattuale che preveda tale fattispecie e quindi nessuna disposizione che permetta di incrementare il fondo con il recupero fatto sui dipendenti. Invece, proprio perché finanziata da parte stabile, la progressione orizzontale restituita dal lavoratore, è davvero assimilabile a un risparmio degli anni precedenti su una quota di fondo obbligatoria. Ma questo non è bastato a convincere i magistrati contabili.

Deliberazione della Corte dei conti Lombardia n. 249/2017

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