Personale

«Sì» all'anzianità di servizio per i docenti non di ruolo

di Andrea Alberto Moramarco

Il personale docente non di ruolo, incaricato attraverso più contratti a tempo a svolgere supplenze, ha diritto al riconoscimento dell'anzianità di servizio prevista per i colleghi assunti a tempo indeterminato in base ad un sistema di progressione stipendiale. Ciò in quanto tutti gli istituti idonei a incidere sulla quantificazione del trattamento retributivo rientrano nelle «condizioni di impiego» che, ai sensi del principio comunitario di non discriminazione, non possono essere differenti tra docenti a tempo indeterminato e insegnanti non di ruolo. Questo è quanto affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 22731, depositata ieri.

I fatti
La controversia vede contrapposti il ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e una docente non di ruolo, incaricata di diverse supplenze in forza di consecutivi contratti a tempo determinato. L'insegnante, proprio in virtù di tale rapporto continuativo, aveva chiesto il riconoscimento della progressione stipendiale in relazione al servizio prestato, trovando, però, risposta negativa da parte del Miur. Passata all'esame dei giudici, la questione viene risolta in favore della docente la quale, secondo Tribunale e Corte d'appello, ha diritto allo stesso trattamento stipendiale rispetto ai colleghi di ruolo, in virtù del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/Ce e recepito dal Dlgs 380/2001.

La decisione
Il caso arriva, poi, in Cassazione dove l'Avvocatura generale dello Stato, a difesa del Miur, ritiene non corretta l'applicazione del Dlgs 380/2001 al settore scolastico, nonché errata l'estensione alla fattispecie del principio di non discriminazione, correlato, invece, all'abuso dei contratti a termine. Di diverso avviso si mostra, però, la Suprema corte che bacchetta il Ministero, reo di sovrapporre e confondere il principio di non discriminazione, di cui alla clausola 4 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, con il divieto di abuso della reiterazione del contratto a termine, previsto dalla clausola 5 del medesimo Accordo. Difatti, il primo principio è «teso a migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato»; il divieto, invece, è volto a «creare un quadro normativo per la prevenzioni degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato». Ciò comporta, prosegue il Collegio, che lo Stato ha l'obbligo di assicurare ai lavoratori a tempo determinato delle «condizioni di impiego» non meno favorevoli rispetto a quelle riservate ai lavoratori assunti a tempo pieno. Quanto al caso di specie, pertanto, deve ritenersi che le maggiorazioni retributive che derivano dall'anzianità di servizio del lavoratore rientrino nelle condizioni di impiego di cui alla clausola 4, non essendo possibile una diversità di trattamento che non sia collegata alla natura e alle caratteristiche delle mansioni espletate.

La sentenza della Corte di cassazione n. 22731/2017

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