Personale

Segretari comunali fuori dai ruoli dirigenziali nonostante la delega Madia

di Vincenzo Giannotti

A conferma dell’intervento delle Sezioni unite della Cassazione (sentenze nn. 784, 785 e 786 del 2016, si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 20 gennaio 2016) in merito al divieto di collocazione dei segretari comunali nella fascia dirigenziale, la Suprema Corte ritorna sul tema con la sentenza n.22998/2017 confermando l’orientamento. E se le Sezioni Unite avevano precisato che il passaggio sarebbe lesivo del principio costituzionale dell'accesso alla Pa per concorso pubblico applicabile anche alla dirigenza, ora i giudici aggiungono che la situazione non è cambiata nemmeno alla luce del processo di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche previsto dalla legge delega 7 agosto 2015 n. 124.

La questione controversa
Il problema, oggetto di nutrito contenzioso, riguarda l'inquadramento dei segretari comunali transitati nei vari enti pubblici in ruoli non dirigenziali con successiva richiesta di reinquadramento nei ruoli dirigenziali a seguito delle disposizioni della legge n. 311 del 2004 che disciplinava la materia a seguito del passaggio ad altra Pa.
Contrariamente a quanto sostenuto dal contratto collettivo 1998-2001 dei segretari comunali e provinciali, che consentiva l'accesso alla dirigenza solamente alle qualifiche più elevate (ossia quelli di fascia A e B con anzianità di almeno tre anni), prima la legge n. 186 del 2004 ha uniformato la mobilità dei segretari comunali e provinciali alla disciplina generale sulla mobilità dettata dal Testo unico sul pubblico impiego, e successivamente la legge n. 311 del 2004, interpretata autenticamente dalla legge n. 246 del 2005, ha apportato ulteriori modifiche in senso riduttivo, prevedendo che anche per i segretari comunali e provinciali delle qualifiche più elevate l'accesso alla dirigenza non costituisse più la regola.
Il che apriva due fronti: da un lato i segretari comunali che prima delle citate disposizioni legislative avevano avuto la possibilità di sfruttare le condizioni contrattuali con inquadramento nei ruoli dirigenziali, e quelli che ne avevano richiesto la conversione a seguito delle nuove disposizioni legislative (articolo 1, comma 49, della legge 311/2004).

Le ultime indicazione della Cassazione
Ripercorrendo i principi di diritto enunciati dalle Sezioni unite, i giudici di Palazzo Cavour confermano la non estensibilità del passaggio alla qualifica di dirigente di tutti quei segretari comunali che fossero transitati nei ruoli dell'Amministrazione successivamente alle disposizioni introdotte dalla legge 311/2004. Infatti, non sarebbe possibile interpretare il comma 49 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 in maniera così estensiva da imporre una generalizzazione dell'accesso alla dirigenza sulla base dei due requisiti ivi previsti (servizio di segretario svolto per almeno tre anni ed esercizio dell'opzione per la mobilità prevista dal Dpr n. 465 del 1997).
Inoltre, secondo i giudici della Suprema corte, non meritano accoglimento i seguenti rilievi introdotti da parte del segretario ricorrente:
• in merito al processo in atto di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, introdotto dalla legge delega 7 agosto 2015 n. 124 (anche a fronte della decadenza del decreto sulla dirigenza), si evidenzia come il quadro normativo attualmente vigente non offra elementi che incidono sull'interpretazione seguita, trattandosi - alla luce dei principi di delega espressi – di modifica e rimodellazione di ampio respiro, che concerne tutti gli assetti del personale della Pa (con eventuale delega a unificare, sopprimere ovvero istituire ruoli, gradi e qualifiche e rideterminare dotazioni organiche), secondo un criterio di semplificazione e di riconoscimento del merito e della professionalità;
• non può essere invocata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 49 della legge 311/2004 in quanto non è ipotizzabile una ingiustificata disparità di trattamento a fronte di una disciplina differenziata applicata alla stessa categoria di soggetti in momenti temporali diversi;
• né è possibile ipotizzare, inolte, un contrasto con i principi di non discriminazione previsti dal Trattato europeo, in quanto l'inquadramento del segretario è stato disposto nel rispetto della normativa all'epoca vigente in relazione alla quale il diritto di opzione era stato esercitato;
• infine, non è invocabile un rinvio del procedimento in attesa di interventi legislativi, sia perché non appare imminente la risoluzione della questione, sia in aderenza al principio della ragionevole durata del processo.

La sentenza della Corte di cassazione n.22998/2017

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