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Manovra, a rischio la detassazione della previdenza integrativa nel pubblico impiego

Rischia fortemente di restare al palo l’estensione agli statali della detassazione della previdenza complementare prevista per i privati. Nelle scorse settimane il Governo al tavolo di confronto sulla “fase 2” della previdenza aveva comunicato che dal 1° gennaio 2018 sarebbe stata prevista anche per i dipendenti pubblici la deducibilità dei contributi versati e del regime di tassazione sulle prestazioni delle forme pensionistiche integrative già in vigore per i lavoratori del settore privato. E le prime bozze del disegno di legge di bilancio, che la fine di questa settimana (o al più tardi all’inizio della prossima) dovrà approdare al Senato, prevedevano esplicitamente una misura in questa direzione nell’ambito del mini-pacchetto pensioni. Ma nelle ultime versioni dell’articolato, al quale ha ancora ieri hanno lavorato i tecnici del Governo, la norma è sparito.

Problemi di costi
Lo stop sarebbe arrivato dal ministero dell’Economia per i costi non compatibili con l’impalcatura contabile della manovra, che poggia anche sul decreto fiscale. A questo punto si riducono al lumicino le chances che l’intervento possa far parte del testo definitivo del Ddl di bilancio, la prossima settimana comincerà il suo cammino a Palazzo Madama anche se, operativamente, l’iter prenderà il via non prima del 6 novembre. Ed è proprio in sede parlamentare che la misura dovrebbe essere essere eventualmente ripescata sotto forma di emendamento.

Il welfare di comunità
Per un misura che è destinata a uscire ne arriva un’altra quasi certa di trovare collocazione nell’articolato definitivo: è quella sulla promozione del cosiddetto welfare di comunità. L’intervento è imperniato su un credito d’imposta pari al 65% delle erogazioni effettuate nei periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2017 da attribuire alle fondazioni bancarie che sul territorio, in collaborazione con il terzo settore, aziende ospedaliere e presidi ospedalieri, sviluppano progetti di contrasto alle povertà e alle fragilità sociali, al disagio di famiglie con minori, alla domiciliarità delle cure agli anziani e ai disabili, alla dotazione di strumentazioni per le cure sanitarie e alla promozione dell’occupazione.

Il reddito d’inclusione
Sul fronte del contrasto alla povertà è confermato il rifinanziamento dell’apposito Fondo con l’obiettivo di dare maggiore spinta al Rei (Reddito d’inclusione), che dal 1° gennaio 2018 viene esteso a tutti i nuclei familiari con persone in stato di disoccupazione di età pari o superiore a 55 anni. Non solo: la bozza di Ddl di bilancio prevede che dal prossimo 1° luglio il Rei dovrà essere usufruibile da tutti i nuclei familiari, indipendentemente dalle caratteristiche “non economiche” dei medesimi (stato di disoccupazione e tipologia di licenziamento). In altri termini nel corso del 2018 si raggiunge il pieno universalismo della misura. In altre parole la misura dovrà diventare “universale”.

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