Personale

Contratti a tempo reiterati, risarcimento per il danno patrimoniale «provato»

di Daniela Dattola

Nel pubblico impiego privatizzato la reiterazione a oltranza di contratti di lavoro a tempo determinato è preclusa. Se la Pubblica amministrazione vi procede abusivamente, il lavoratore, di contro all'impossibilità di ottenere la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, ha diritto al risarcimento dell'intero danno patrimoniale patito. Il dipendente “precarizzato” infatti, ha diritto sia al risarcimento del danno consistente nella perdita di chance di un'occupazione migliore che avrebbe potuto ottenere ove non fosse stato impiegato dall'Amministrazione pubblica con illegittimi contratti a termine reiterati (e per tale tipologia di danno non deve provare alcunché), sia al ristoro dell'eventuale danno patrimoniale più elevato che provi di aver subìto.
Così ha deciso la Corte di cassazione, sezione VI civile, con la sentenza n. 25117 /2017.

Il divieto di trasformare il contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato
Nel pubblico impiego privatizzato è vietato trasformare il contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato tramite illegittime proroghe, rinnovi o ripetute reiterazioni contra legem dell'originaria prestazione lavorativa a termine. Il divieto è già stabilito a livello costituzionale dall'articolo 97 ultimo comma della Carta fondamentale, secondo il quale, salvo i casi stabiliti dalla legge, agli impieghi nelle Pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, al fine di garantire le superiori esigenze di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione medesima. A livello di fonte ordinaria il divieto è poi contenuto nel citato articolo 36 comma 5 del Dlgs n. 165 del 2001, per il quale, tra l'altro, si ha che “la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione”.

I danni patrimoniali risarcibili
Laddove, come nel caso in esame, la Pubblica amministrazione proceda all'impiego di un lavoratore con reiterati contratti a termine stipulati in violazione di legge, questi, ai sensi dell'articolo 36 comma 5 del Dlgs n. 165 del 2001, avrà diritto al risarcimento del danno patrimoniale. Il danno risarcibile sarà costituito, in primo luogo, da quello derivante dalla prestazione di lavoro effettuata in violazione della disposizione imperativa che impone alla Pubblica amministrazione il ricorso estremamente limitato a forme di impiego a tempo determinato, costituendo l'assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato la procedura di reclutamento standard; tale tipo di danno è qualificabile come una sorta di sanzione ex lege posta a carico del datore di lavoro. In secondo luogo, il lavoratore che abbia sofferto la prolungata precarizzazione del rapporto di impiego in conseguenza dell'abuso al ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato avrà anche diritto al ristoro del più elevato danno patrimoniale diverso da quello individuabile nella perdita di chance di lavoro sopra indicata. In tal caso, però, l'onere della prova ricadrà su di lui.

La prova del danno
La sentenza in rassegna, richiamandosi ai principi di diritto stabiliti dalla sentenza n. 5072 del 15 marzo 2016 resa dalla Corte di cassazione a sezioni unite, accoglie il ricorso proposto dalla lavoratrice di un'Azienda sanitaria provinciale con contratto a termine avverso la decisione della Corte d'Appello che aveva rigettato la sua domanda risarcitoria, sul presupposto del difetto di prova del danno da questa patito. Prova che la Corte territoriale riteneva erroneamente posta a carico dell'asserita danneggiata in base all'articolo 36 comma 5 del Dlgs n. 165 del 2001. A giudizio degli Ermellini, invece, nell'ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista da detta norma dev'essere interpretata in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea con l'ordinanza Papalia del 12 dicembre 2013, causa C-50/2013. In tal modo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all'articolo 32 comma 5 della legge 4 novembre 2010 n. 183, “quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come danno comunitario determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l'indennità forfettizata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l'onere probatorio del danno subìto”.

Conclusioni
In altri termini, il danno per il dipendente pubblico è differente da quello per il dipendente privato, perché il lavoratore a termine del pubblico impiego non ha la possibilità di ottenere la conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto lavorativo a tempo indeterminato, ma a causa del ricorso abusivo al contratto a termine:
• perde la chance dell'occupazione alternativa migliore, in quanto le sue energie lavorative avrebbero potuto essere dirette verso altri impieghi possibili e, in ipotesi, anche verso un impiego alternativo a tempo indeterminato;
• ha il diritto di provare che le chance di lavoro che ha perso si sono tradotte in un danno patrimoniale più elevato.

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