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Buona scuola, la Consulta apre i concorsi anche ai prof di ruolo

Cade un altro pezzo della «Buona Scuola». E stavolta non per mano di una circolare ministeriale, o di un accordo con il sindacato. A cassare alcune disposizioni della legge 107 ci ha pensato ieri la Corte costituzionale, con la sentenza n. 251, che, per la prima volta, ha dichiarato illegittima l’esclusione dalle selezioni a cattedra dei professori che una cattedra già ce l’hanno nella scuola statale.

Il nodo della questione
Il disco rosso nei confronti dei docenti di ruolo a partecipare agli italici “concorsoni”, contenuto nella riforma Renzi-Giannini, è stato giudicato «irragionevole», perché, nei fatti, si legge nelle 16 pagine di sentenza, restringe, senza motivo, la platea dei partecipanti a un concorso pubblico («una analoga previsione non è prevista per i docenti a tempo indeterminato della scuola privata paritaria né per i prof immessi in ruolo di altra amministrazione»); e inoltre, sempre secondo i giudici costituzionali, «non ha impatti sull’obiettivo del tempestivo assorbimento del precariato» che, invece, è stato «adeguatamente perseguito dal piano straordinario di assunzioni».
Insomma, se la cifra delle procedure concorsuali nel nostro Paese è (o dovrebbe essere) quella di puntare su criteri meritocratici e su una selezione per scegliere le migliori professionalità, ebbene a questi concorsi – è il ragionamento della Consulta – non si possono escludere gli insegnanti di ruolo; tanto più che ciò non penalizza i “precari storici”: nel caso infatti di esito favorevole l’assunzione nella nuova posizione di un docente con contratto a tempo indeterminato comporta una scopertura della posizione precedentemente ricoperta che quindi può essere successivamente assegnata ad altri.
La questione era stata sollevata dal Tar del Lazio, cui si erano rivolti due prof di ruolo esclusi dalla partecipazione a un concorso in quanto già assunti con contratto a tempo indeterminato. Tutto ciò, appunto, in virtù della norma “incriminata”: l’articolo 1, comma 110, della legge di riforma della scuola 13 luglio 2015 n. 107.

Gli effetti della pronuncia
La declaratoria di incostituzionalità ha ora effetti immediati; e pertanto, ricordano i giudici, «è destinata ad applicarsi anche alle prossime procedure concorsuali di reclutamento dei docenti».
Al ministero dell’Istruzione stanno approfondendo la decisione: da quanto si apprende, i concorsi precedenti, e conclusi, non si dovrebbero riaprire. Il condizionale è, tuttavia, d’obbligo, almeno per quanto riguarda la selezione del 2016. Teoricamente i prof di ruolo che hanno presentato domanda cartacea agli Usr potrebbero chiedere di svolgere le prove suppletive: i numeri però, dicono dal Miur, sono bassi (nelle precedenti prove suppletive, su 5mila candidati totali i docenti già assunti sono stati circa 300, quasi tutti insegnanti a infanzia e primaria, ma abilitati anche alle scuola secondaria; l’obiettivo è spostarsi di grado di scuola o magari avvicinarsi a casa).
Ci potrebbero essere effetti maggiori sul prossimo concorso riservato ai docenti in possesso di abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria, il cui bando è a buon punto, e dovrebbe uscire prima della data, febbraio 2018, indicata nella legge 107. Qui la selezione consisterà solo in una lezione orale; ed è pertanto possibile che molti prof già in ruolo possano partecipare per utilizzare questo “concorso” come una sorta di mobilità surrettizia.
Il ministero dell’Istruzione è poi al lavoro su una seconda selezione riservata ai docenti, non abilitati, con almeno tre anni di servizio (per chiudere la fase transitoria) e al concorso ordinario per la scuola secondaria, che segnerà il decollo del nuovo sistema di formazione iniziale (Fit), aprendo le porte della scuola italiana – finalmente – anche ai giovani laureati. I due bandi sono ancora in fase di stesura, e sono quindi possibili aggiustamenti. Per quanto riguardo riguarda il Fit, andrà probabilmente integrata la procedura, disegnando un percorso anche per gli insegnanti già di ruolo. Con la speranza che i correttivi imposti dalla sentenza della Consulta non penalizzino, ancora una volta, i giovani che aspirano a un posto nella scuola, dove l’età media dell’attuale corpo docente è già piuttosto alta, e in crescita: 51,2 anni.

La sentenza della Corte di cassazione n. 251/2017

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