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Gennaio «caldo» per la Pa: Gentiloni va avanti

La continuità in carica del governo Gentiloni dopo lo scioglimento delle Camere non è solo una questione da costituzionalisti. A motivare i (quasi) pieni poteri dell’Esecutivo ci sono certo le incertezze post elettorali: ma prima di tutto c’è un’agenda densa di decisioni da prendere, su temi spesso delicati sul piano politico e pratico.
I programmi per le prime settimane dell’anno di Gentiloni, del titolare dell’Economia Padoan e degli altri ministri intrecciano due livelli: l’attuazione domestica delle misure appena approvate e il confronto europeo su conti pubblici, riforma dell’Eurozona e banche.

Le banche
E proprio le banche sono la prima voce da affrontare, in termini non solo cronologici. L’8 gennaio la commissione bicamerale, di fatto l’unico segmento parlamentare che rimane in attività per chiudere i propri lavori, deciderà se portare a termine il capitolo unitario dei documenti conclusivi: in cantiere ci sono le proposte che spaziano dal ridisegno dei reati sul credito, con la creazione di sezioni specializzate nei tribunali e l’ampliamento dei casi procedibili d’ufficio, agli interventi sulla vigilanza per evitare i buchi di comunicazione fra Consob, Bankitalia ed Ssm.
Al ministero dell’Economia, intanto, si dovrà lavorare al decreto attuativo del fondo da 100 milioni messo in piedi dalla legge di bilancio per indennizzare i risparmiatori traditi. Nel passaggio alla Camera, i tempi per la scrittura delle regole sono stati dimezzati a 90 giorni, e l’intenzione a Via XX Settembre è di accelerare anche per dare un segnale concreto su un terreno caldo in vista delle elezioni. Le scelte da assumere non sono banali: il decreto dovrà decidere i criteri di accesso al fondo (limiti di reddito e/o di patrimonio, anche alla luce dell’esperienza degli indennizzi automatici all’80% per gli obbligazionisti delle quattro banche regionali finite in risoluzione), gli eventuali tetti per i rimborsi pro-capite e i criteri di priorità. Questioni non solo tecniche, e certo non di «ordinaria amministrazione».
Sotto questa etichetta entra invece una parte larga degli altri 188 decreti attuativi lasciati in eredità dalla legge di bilancio, che affrontano però anche temi non secondari come la stretta Iva sui carburanti (entro il 31 gennaio), i criteri per gli eco-bonus rinnovati (28 febbraio) o l’elenco delle attività da assoggettare alla già contestata web tax (30 aprile). Entro il 31 gennaio deve essere poi trovato l’accordo con le Regioni sulla distribuzione dei 2,3 miliardi di «contributo per l’abbattimento del debito» (in realtà è il meccanismo che offre maggiori disponibilità di cassa alle Regioni senza incidere sull'indebitamento). E la stessa scadenza accompagna l’accordo da trovare con Province e Città metropolitane per assegnare i 452 milioni di finanziamento che completano il lavoro di azzeramento dei tagli programmati per queste amministrazioni dopo la riforma Delrio.

La pubblica amministrazione
Il gennaio della pubblica amministrazione sarà però dominato dai rinnovi contrattuali che dovranno seguire il sentiero tracciato dalla pre-intesa del 23 dicembre per i dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti territoriali. Alla Funzione pubblica è in calendario per il 9 gennaio un incontro che potrebbe essere decisivo per l’accordo economico sulle 400mila persone in organico a polizia, guardia di finanza, vigili del fuoco, polizia penitenziaria ed esercito; e nelle stesse settimane si animeranno i tavoli delle trattative per Regioni ed enti locali (450mila dipendenti), sanità (650mila). Mentre per la scuola (1,2 milioni di persone) oggi atteso il primo round del confronto Aran sindacati.

La partita europea
Ma in attesa delle elezioni, e soprattutto delle loro conseguenze parlamentari, il governo dovrà impegnarsi in una triplice partita europea che rimane sullo sfondo del dibattito politico nonostante il peso specifico dei temi in gioco. Già dalle prossime settimane entrerà nella fase decisiva il confronto sulla riforma dell’Eurozona, con la messa a regime del fiscal compact sotto forma di direttiva che l’Italia chiede di accompagnare con passi avanti decisi sull’unione bancaria e sul ministero delle Finanze europeo. Nel frattempo le trattative si scalderanno in vista del giudizio Ue sui nostri conti pubblici, con il rischio concreto che il mancato rispetto degli obiettivi di riduzione di debito e deficit strutturale impongano al Parlamento neonato di lavorare su una nuova manovra correttiva.

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