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Obbligo di vigilanza dei docenti, la maggiore età degli alunni non esclude la responsabilità


Gli insegnanti sono tenuti a vigilare sugli alunni e a impedire che costoro commettano fatti illeciti, a pena di responsabilità. Tale obbligo non cessa con il raggiungimento della maggiore età da parte degli studenti, ma deve comunque intendersi in senso relativo, ovvero in rapporto inversamente proporzionale al grado di maturità dei discenti. Pertanto, il docente deve predisporre le misure organizzative idonee ad evitare danni proporzionalmente al livello di autosufficienza raggiunto dagli allievi e risponderà, assieme al Miur, soltanto nei limiti della prevedibilità. Questo è quello che si desume dalla sentenza della Cassazione 2334, depositata ieri.


Il caso
L'incidente oggetto della controversia si era verificato nel lontanissimo 1988, quando gli studenti della classe V superiore di un istituto d'arte alla fine della lezione di educazione fisica si accingevano ad uscire dalla palestra. Accadeva, in particolare, che una studentessa, a causa dell'accalcamento e delle spinte subite dai suoi compagni di classe, rovinava per terra inciampando su un tappetino lasciato sul pavimento, riportando delle lesioni. Di qui la questione arrivava dinanzi ai giudici che in primo grado riconoscevano la responsabilità dell'insegnante di educazione fisica e del Miur per culpa in vigilando ex articolo 2048 comma 2 c.c., condannando quest'ultimo al risarcimento del danno; in appello, invece, ritenevano responsabili dell'accaduto la stessa studentessa infortunatasi e i sui compagni di classe maggiorenni, dovendosi ritenere valido l'obbligo di sorveglianza del docente soltanto nei confronti di alunni minorenni.
La vicenda arriva, infine, in Cassazione dove la difesa dell'ex alunna sottolinea l'errata interpretazione dell'articolo 2048 comma 2 c.c. da parte dei giudici di merito, in quanto tale disposizione non farebbe distinzione di età tra allievi e, ad ogni modo, non tutti gli alunni nella V superiore sono già maggiorenni, ragion per cui sussisterebbe la culpa in vigilando dell'insegnante e del Ministero.


La sorveglianza è connessa all'insegnamento e non all'età
I giudici di legittimità condividono in parte questo assunto e cambiano ancora il verdetto, rinviando nuovamente alla corte d'appello affinché ponga la parola fine a tale lunghissima vicenda processuale. La Suprema corte critica, innanzitutto, il ragionamento seguito dai giudici di merito che hanno considerato il raggiungimento della maggiore età quale spartiacque per l'applicabilità dell'articolo 2048 comma 2 c.c., norma che prevede l'obbligo per gli insegnanti di vigilare sugli allievi e di impedire che questi commettano fatti illeciti, salvo la prova del caso fortuito. Ebbene, sul punto il Collegio spiega che il dovere di sorveglianza sugli alunni non cessa con il raggiungimento da parte di costoro della maggiore età, in quanto essi continuano ad essere allievi anche dopo tale momento. In sostanza, la vigilanza sul comportamento degli studenti non è legata alla minore o maggiore età degli stessi, ma è connessa all'attività di insegnamento.
L'età influisce sul contenuto della vigilanza
Ad ogni modo, ciò non significa che la maggiore età non abbia alcuna incidenza sulla responsabilità del docente ex articolo 2048 comma 2 c.c.. Difatti, spiegano i giudici, l'obbligo di vigilare sulle condotte degli alunni si riduce progressivamente in base all'età dei discenti: nella scuola primaria raggiunge il massimo grado, per poi scemare nella scuola media ed ancora ridursi progressivamente nella scuola superiore. Il dovere di sorveglianza, cioè, è «inversamente proporzionale al grado di maturità degli alunni, con la conseguenza che con l'avvicinarsi di costoro all'età del pieno discernimento», non è più richiesto un continuo e costante controllo da parte del docente. Ciò vale a dire che l'età degli alunni, anche se non esclude la responsabilità del docente, può sicuramente circoscriverla, dovendo quest'ultimo vigilare sugli studenti e adottare le misure disciplinari e organizzative idonee ad evitare situazioni di pericolo «commisurate all'età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi».
E dunque, se l'incidente dipende da una condotta imprevedibile, ovvero non corrispondente al livello di maturità degli allievi maggiorenni o meno, si configura il caso fortuito sul quale il docente non può intervenire con la predisposizione di misure adeguate. Nel caso di specie, conclude la Cassazione, tali aspetti non sono stati presi in considerazione e, pertanto, dovrà valutarsi se il comportamento degli studenti coinvolti, tutti maggiorenni o prossimi alla maggiore età, debba considerarsi prevedibile, oppure integri il caso fortuito non prevenibile dal docente.

La sentenza della Corte di cassazione n. 2334/2018

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