Personale

Commissione di concorso, il giudice può sindacare i criteri «macroscopicamente» illogici

di Giovanni La Banca

Qualora la commissione concorsuale applichi criteri palesemente illogici, il giudice amministrativo può sindacarne legittimamente la rilevanza, superando l’ostacolo della tipica discrezionalità tecnica di tale organo. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, con la decisione n. 352/2018.

I fatti
Una partecipante al concorso indetto per il conferimento di 15 posti per la progressione nel profilo di tecnologo, di cui 6 (posti) riservati all’area “tecnologica” impugnava la graduatoria finale. In particolare, la ricorrente originaria aveva ottenuto un punteggio non sufficiente per l’inserimento in graduatoria, classificandosi infatti al 15° posto.

La discrezionalità della Commissione
In linea di principio, i giudizi espressi dalle commissioni di concorso, in particolar modo nelle procedure di valutazione comparativa, sono espressioni di discrezionalità tecnica: tale discrezionalità può e deve essere sindacata, sia pur nei limiti del travisamento dei presupposti di fatto, dell’illogicità e della manifesta irragionevolezza, ovvero della non congruenza delle valutazioni operate con le risultanze di fatto. Il giudice amministrativo, ravvisando l’illogicità e l’irragionevolezza dei criteri utilizzati da una commissione giudicatrice, non può esimersi dal sindacarne l’operato.

L’obbligo di riparametrazione
L’amministrazione deve procedere all’attribuzione dei punteggi ai candidati previa loro riparametrazione, quantomeno in relazione ai punteggi finali. In altri termini (con riferimento alla selezione specifica ma estensibile analogamente a tutte le procedure concorsuali), attribuiti 60 punti solo al candidato che risulti aver riportato il maggior punteggio sui titoli in termini assoluti, la Commissione deve gradualmente scalare, con metodo proporzionale, i punteggi in relazione a tutti gli altri candidati. Ovvero, alternativamente, fatta pari a 60 punti la massima valutazione possibile, la determinazione concreta dei punteggi dei singoli candidati deve essere rapportata a sessantesimi mediante riduzione proporzionale del maggior punteggio attribuito (ma, evidentemente, non in sessantesimi) a ciascun candidato. In questo modo, si garantirebbe l’applicazione di quei principi, propri delle procedure selettive pubbliche (imparzialità e di congrua proporzionalità nell’attribuzione dei punteggi per l’individuazione dei candidati più capaci e meritevoli).

La palese irragionevolezza
Al contrario, appiattendo tutti i punteggi relativi ai titoli sulla soglia massima di 60 punti, la commissione finisce per sterilizzare del tutto l’unico parametro legato alla qualità del candidato - che, per la dichiarata natura del concorso, all’evidenza avrebbe dovuto invece integrare il criterio principale di valutazione dei concorrenti consentendone in via principale la selezione in luogo del profilo, meramente sussidiario, dell’anzianità - snaturando così l’obiettivo insito in ogni procedura concorsuale e facendo coincidere il merito, ovvero il livello qualitativo del candidato, con l’anzianità accumulata.

L’illegittimo operato della commissione
Il criterio concretamente prescelto dalla commissione - avendo determinato un algoritmo idoneo a sterilizzare integralmente l’attitudine selettiva di quello che dovrebbe invece costituire il principale parametro di selezione dei candidati, ossia il rilievo relativo dei titoli posseduti da ciascuno dei concorrenti rispetto agli altri - è illegittimo perché macroscopicamente illogico, irrazionale e incongruente con il modello di selezione che la stessa amministrazione dovrebbe svolgere, sindacabile dal giudice amministrativo per manifesta illogicità. I criteri fissati dalla commissione esaminatrice concernenti la “valutazione dei titoli” hanno avuto l’unico effetto di riconoscere a 13 candidati su 16 idonei il medesimo punteggio, ossia quello massimo attribuibile con riferimento al predetto parametro (60): frutto evidente dell’illegittima applicazione di uno “sfioratoio” uguale per tutti, che ha sostanzialmente impedito l’attribuzione di qualsiasi rilievo ai titoli in eccesso.

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