Personale

Il pensionamento del dipendente impone il pagamento delle ferie residue

di Vincenzo Giannotti

Nonostante quanto previsto dall'articolo 5, comma 8, del Dl 95/2012 che obbliga alla fruizione delle ferie i dipendenti della Pa con il divieto della corresponsione di trattamenti economici sostitutivi, la corte di Cassazione, con la sentenza n. 2496/2018, confermando i propri precedenti orientamenti, stabilisce che l'inerzia della Pa sulla concessione delle ferie obbliga la stessa alla remunerazione di eventuali ferie residue a prescindere dalla mancata richiesta avanzata dal dipendente durante il rapporto di lavoro.

La vicenda
Un lavoratore di una Pa aveva lavorato fino al suo pensionamento con un residuo di ferie non fruite pari a 52 giorni. A fronte del diniego alla monetizzazione delle stesse, il lavoratore si è rivolto al giudice del lavoro che, in prima istanza ha respinto la domanda, mentre la Corte d’appello in riforma della sentenza del tribunale di primo grado ha accolto la domanda e condannato la Pa al pagamento del trattamento economico sostitutivo.
Il ricorso in Cassazione evidenzia come nel contratto collettivo sia espressamente prevista la remunerazione solo qualora l'amministrazione abbia negato le ferie al dipendente per esigenze di servizio. Nel caso di specie, il dipendente non avendo mai fatto domanda di ferie, né avendo lo stesso dato prova che l'amministrazione gli avesse indicato delle necessità di servizio per cui era richiesta la prestazione del dipendente, nulla avrebbe dovuto versare per le ferie residue. Inoltre, trattandosi di figura dirigenziale, spettava allo stesso l'organizzazione della propria attività lavorativa, avendo massima libertà anche di scegliere i giorni di riposo.

Le precisazioni della Cassazione
I giudici di Piazza Cavour partono dalla questione di legittimità costituzionale sollevata in merito al Dl 95/2016 precisando che la disciplina statale in questione come interpretata dalla prassi amministrativa e dalla magistratura contabile, è nel senso di escludere dall'ambito applicativo del divieto le vicende estintive del rapporto di lavoro che non chiamino in causa la volontà del lavoratore e la capacità organizzativa del datore di lavoro. Inoltre, questo diritto sarebbe violato se la cessazione dal servizio vanificasse, senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso dalla malattia o da altra causa non imputabile al lavoratore. Sul solco di precedenti orientamenti del giudice di legittimità, richiamati anche dalla Consulta, è stato affermato che dal mancato godimento delle ferie deriva diritto del lavoratore al pagamento dell'indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, salvo se il datore di lavoro dimostri di avere offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito. In altri termini, nel caso di specie il collocamento d'ufficio in ferie del lavoratore da parte del datore di lavoro, senza assorbimento al momento del pensionamento dell'intero monte ferie spettante, era intervenuto senza che risultasse che il lavoratore medesimo si fosse rifiutato di godere delle ferie in un periodo indicato e comunicato dal datore di lavoro.

Alcune precedenti sentenze
Coerente con queste indicazioni è un precedente della Cassazione (sentenza n. 27206/2017) che ha giudicato legittimo il comportamento della Pa che aveva sospeso il lavoratore, prossimo al pensionamento, al fine di fargli smaltire le ferie e i riposi compensativi residui. In questa situazione la Suprema Corte ha concluso che, qualora nel corso del rapporto il dipendente non abbia fruito delle ferie e dei riposi compensativi nella misura contrattualmente prevista, il datore di lavoro è legittimato a imporre la fruizione degli stessi, anche per prevenire richieste di pagamento dell'indennità sostitutiva le quali sono state espressamente escluse dal Dl 95/2012. In altri termini, la posizione colpevole del lavoratore, per non aver richiesto la fruizione delle ferire residue, abilita il datore di lavoro pubblico alla richiesta obbligatoria di fruizione delle stesse anche prima del collocamento in pensione del dipendente. Nel caso, invece, in cui il datore di lavoro prescriva la permanenza del dipendente per asserite esigenze di servizio, con ciò assumendosene la responsabilità, non può successivamente pretendere dal lavoratore prima del suo pensionamento lo smaltimento delle ferie residue in considerazione del atto che le ferie sono preordinate a un recupero delle energie psico-fisiche nel corso del rapporto di lavoro e non alla fine dello stesso (ex multis, Cassazione sentenza n. 1756/2016).
In considerazione della consolidata posizione dei giudici di legittimità sulla monetizzazione delle ferie residue nonché sulla normativa che ne vieta il pagamento si ricorda come il Dl 95/2012 abbia previsto un particolare sistema sanzionatorio in caso di pagamento delle ferie residue ovvero «La violazione della presente disposizione … è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile». Pertanto, i dirigenti dovranno prestare particolare attenzione nella programmazione delle ferie dei propri dipendenti, per non trovarsi a dover rispondere di possibile danno erariale.

La sentenza della Corte di cassazione n. 2496/2018

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