Personale

Militari in ferma breve, indennità di buonuscita a carico del dipendente

di Giovanni La Banca

Per il personale militare in ferma breve, la contribuzione previdenziale grava sull'Amministrazione, mentre, ai fini dell'indennità di buonuscita, questi periodi sono soggetti a contribuzione volontaria a carico del dipendente: il versamento di questi ultimi contributi non può essere richiesto alla Pubblica amministrazione. Lo ha affermato il Tar Lazio, Roma, con la sentenza n. 1549/2018.

Il fatto
Alcuni marescialli dell'Esercito (qualifica ricoperta al momento della proposizione del ricorso) lamentano la circostanza che le Amministrazioni di provenienza non abbiano provveduto all'iscrizione del Fondo previdenza Inpdap quando prestavano servizio durante la ferma volontaria e/o rafferma, prima del passaggio in servizio permanente effettivo, non versando all' Inpdap i contributi previdenziali relativamente a tale periodo. Pertanto, ricorrono affinché le Amministrazioni resistenti, ciascuna per la parte di competenza, siano condannate alla corresponsione dei contributi, maggiorati di interessi e rivalutazione sino al soddisfo.

L'indennità di buonuscita per il personale in servizio permanente effettivo
L'articolo 1 del Dpr n. 1032/1973, nell'individuare i pubblici dipendenti aventi diritto all'indennità di buonuscita menziona i militari delle forze armate e dei corpi di polizia in servizio permanente o continuativo. Nell'ordinamento di settore, per “servizio permanente” o “continuativo” del militare non si intende qualunque rapporto di servizio, ma solo il servizio permanente effettivo, che costituisce il rapporto di pubblico impiego a tempo indeterminato. Dall'esame delle disposizioni che si sono susseguite per l'ordinamento militare emerge che con le parole “servizio continuativo” si è richiamato, con una diversa denominazione, il medesimo rapporto giuridico a tempo indeterminato concernente i gradi “iniziali” del personale appartenente alle forze di polizia ad ordinamento militare. Ciò corrisponde anche a criteri di ragionevolezza, poiché il periodo di servizio in ferma prolungata, così come la ferma breve e la rafferma e poi la ferma volontaria annuale o quadriennale, costituisce un rapporto di servizio a tempo determinato. Non è ammissibile nessuna estensione a soggetti non compresi nelle disposizioni normative.

Il personale militare in ferma breve
Con riferimento al personale militare in ferma breve/prefissata, pur controvertendosi di rapporti di servizio aventi le caratteristiche del pubblico impiego, si tratta, tuttavia, di rapporti di lavoro a tempo determinato, che il Legislatore, nella sua discrezionalità, non ha ritenuto automaticamente computabili al fine dell'indennità di buonuscita, come si evince appunto dall'articolo 1 del Dpr n. 1032 del 1973. Ciò trova ulteriore conferma nella successiva legislazione e, in particolare, nell'articolo 5 del Dlgs n. 165/1997, i cui commi 4, 5 e 6 hanno disposto che il servizio militare comunque prestato è ricongiungibile ai fini del trattamento previdenziale. Per il personale in ferma di leva prolungata o breve l'amministrazione provvede al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali previsti dalla normativa vigente. I periodi pre-ruolo per servizio militare comunque prestato, nonché quelli utili ai fini previdenziali sono riscattabili ai fini dell'indennità di fine servizio. Ne consegue che va distinta la contribuzione ai fini previdenziali, rispetto ai contributi da versare per la corresponsione della indennità di buonuscita, proprio avendo riguardo alla ferma prolungata e breve. Infatti, ai fini previdenziali, la contribuzione grava sull'Amministrazione. Diversamente, ai fini dell'indennità di buonuscita, tali periodi sono solo riscattabili, cioè soggetti a contribuzione volontaria a carico del dipendente, mentre non sono soggetti a contribuzione a carico dell'Amministrazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©