Personale

Per le mansioni superiori dirigenziali niente automatismi sulla retribuzione di risultato

di Andrea Alberto Moramarco

Il dipendente pubblico che svolge mansioni superiori in relazione a un ufficio dirigenziale non ha diritto alla retribuzione di risultato per il solo fatto di aver svolto funzioni dirigenziali. Questa voce retributiva è, infatti, connessa alla verifica dei risultati di gestione, il cui raggiungimento deve essere previamente determinato. Ad affermarlo è la Sezione lavoro della Cassazione con la sentenza n. 4622, depositata ieri.

Il caso
All'origine della controversia c'è la richiesta da parte di una dipendente del ministero dell'Interno del pagamento delle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori. La lavoratrice, con qualifica di direttore amministrativo contabile - III fascia retributiva, infatti, era stata incaricata di sostituire l'allora dirigente del servizio contabilità e gestione finanziaria del Commissariato di Governo presso cui lavorava, il quale era stato trasferito ad altra sede, in attesa dell'assegnazione di un altro dirigente di II fascia.
Dopo il diniego del ministero, la vicenda arrivava dinanzi ai giudici di merito, i quali accertavano lo svolgimento delle funzioni superiori e condannavano il Viminale al pagamento delle differenze retributive spettanti. Quest'ultimo, tuttavia, ricorreva in Cassazione lamentando la violazione degli articoli 21, 35 e 52 del testo unico sul pubblico impiego (Dlgs 165/2001), nonché di una serie di disposizioni del contratto 1998/2001 e 2002/2005 applicabili alla fattispecie, dai quali emergeva l'impossibilità del riconoscimento in favore della dipendente della retribuzione di risultato nella sua parte fissa: questa poteva essere erogata «solo a seguito della positiva verifica del raggiungimento degli obiettivi previamente determinati cui la stessa è correlata», che nel caso di specie mancavano. In sostanza, non essendo stati attribuiti con l'incarico obiettivi individuali difettava il presupposto normativo e contrattuale per la retribuzione di risultato.

La decisione
Il ricorso del ministero coglie nel segno e la Cassazione ribalta il verdetto di merito. Per i giudici di legittimità è vero che, in linea di principio, in tema di lavoro pubblico contrattualizzato, in caso di reggenza del pubblico ufficio sprovvisto temporaneamente del dirigente titolare, vanno incluse, nel trattamento differenziale la retribuzione di posizione e quella di risultato, anche in osservanza del principio di adeguatezza di cui all'articolo 36 Cost. È però vero anche, prosegue il collegio, che gli articoli 44 del contratto 1998-2001 e 57 del Ccnl 2002-2005 stabiliscono che «la retribuzione di risultato può essere erogata solo a seguito di preventiva, tempestiva determinazione degli obiettivi annuali», nonché «della positiva verifica e certificazione dei risultati di gestione conseguiti in coerenza con detti obiettivi». In altri termini, la retribuzione di risultato è correlata «all'effettivo raggiungimento, anche sotto il profilo qualitativo, da parte del dirigente, degli obiettivi preventivamente determinati», con la conseguenza che, se manca tale predeterminazione, tale voce retributiva non può essere presa in considerazione.

La sentenza della Corte di cassazione n. 4622/2018

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