Personale

Sanzione «leggera» (richiamo scritto) per chi usa senza autorizzazione il Pc del superiore assente

di Guido Befani

L’utilizzo per finalità personali del computer del superiore gerarchico non qualifica il relativo comportamento quale “contegno indecoroso”, quanto, invece, come un atteggiamento semplicemente scorretto nei confronti del superiore stesso, soggetto all’applicazione della sanzione del richiamo scritto. È quanto afferma il Tar Catania, con la sentenza n. 344/2018.

L’approfondimento
Il Tar Catania è intervenuto sulla illegittimità della sanzione disciplinare della pena pecuniaria irrogata per l’utilizzo del personal computer di un superiore, senza preventiva autorizzazione e per ragioni non attinenti a motivi di servizio.

La decisione
Nell’accogliere il ricorso avverso il provvedimento sanzionatorio, il Collegio ha avuto modo di rilevare come le disposizioni di cui al Dpr n. 737/1981, relative alle sanzioni disciplinari per il personale dell’amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti, identifichino delle tassative ipotesi di illecito cui corrispondono sanzioni graduate in relazione alla gravità dell’addebito. Da questa tassatività deriva l’importante conseguenza che, recependo un criterio teso a tipizzare le diverse figure di infrazione, la relativa disciplina si discosta dal principio di cosiddetta atipicità dell’illecito disciplinare codificato dagli articoli 78 e seguenti del TU n. 3 del 1957. Quest’ultima, infatti, implica un maggiore grado di astrazione nell’identificazione dei comportamenti contrari ai doveri del pubblico dipendente e riconosce una più ampia sfera di discrezionalità all’amministrazione nella qualificazione del fatto contestato agli effetti della determinazione sanzionatoria, pur residuando il richiamo a concetti indeterminati quali l’onore e la morale, la cui concreta individuazione richiede un prudente apprezzamento dell’organo procedente in occasione dell’esame delle singole condotte valutate in sede disciplinare, mentre parallelamente più ampio si fa il sindacato giurisdizionale per essere chiamato il giudice amministrativo ad un vaglio maggiormente penetrante a proposito della congruità della sanzione irrogata.
Per il Collegio, infatti, è emersa dall’analisi fattuale una lievissima entità del fatto, rappresentata da una ricerca internet di un numero di un agente di viaggio effettuata sul computer del superiore rimasto accesso e incustodito, e risulterebbe ictu oculi che il comportamento del dipendente non sia stato tale da nuocere “al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza” così come prescritto dall’articolo 4, n. 18, del Dpr n. 737/1981. Il contegno assunto dal ricorrente, in ultima analisi, senza pregiudicare la dignità e la decenza che devono necessariamente contraddistinguere le funzioni di tale tipologia di dipendenti, apparirebbe all’evidenza sussumibile nelle diverse fattispecie contemplate dall’articolo 3, nn. 3 e 6, del Dpr n. 737/1981 (mancanza di correttezza nel comportamento; contegno comunque scorretto verso superiori, pari qualifica, dipendenti, pubblico), giustificandosi, quindi, non l’applicazione della più severa pena pecuniaria, ma l’applicazione di quella più tenue del richiamo scritto.

Conclusioni
Alla luce di queste premesse, ne deriva l’annullamento del provvedimento impugnato, restando salvi gli eventuali futuri provvedimenti che l’amministrazione potrà adottare in osservanza di quanto statuito nella decisione in esame.

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