Personale

Anche nelle partecipate serve la procedura selettiva per trasformare il contratto a tempo

di Ulderico Izzo

La Cassazione, con l'ordinanza n. 4897/2018, ha stabilito il principio di diritto secondo il quale nelle società a partecipazione pubblica la regola della concorsualità imposta dal legislatore, nazionale o regionale, impedisce la conversione in rapporto a tempo indeterminato del contratto a termine affetto da nullità.

Il fatto
Il dipendente di una società regionale a partecipazione pubblica ha chiesto che venisse dichiarata la nullità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato e la conversione del contratto a tempo indeterminato.
In primo grado il ricorso lavoristico ha trovato parziale accoglimento, mentre in sede di Corte d’Appello è stata esplicitamente esclusa l'invocata conversione del contratto impedita dall'articolo 18 del Dl 112/2008 convertito dalla legge 133/2008 con il quale il legislatore ha imposto alle società a totale partecipazione pubblica di adottare metodi di reclutamento del personale rispettosi dei criteri di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
La sentenza della corte territoriale viene confermata dalla decisone del giudice di legittimità qui in rassegna, degna di rilievo giuridico, anche in relazione alle norme del nuovo testo unico in materia di società pubbliche dedicate alla gestione del personale.

La decisione
Il giudice di legittimità, con l'ordinanza in parola, ha circoscritto il perimetro normativo entro il quale far discendere la sua corretta decisione, nel senso che ha escluso la possibilità di conversione, a tempo indeterminato, del contratto di lavoro a tempo determinato in quanto questo è stato stipulato nella vigenza dell'articolo 18 del Dl 112/2008, che, nel testo applicabile ratione temporis risultante dalle modifiche apportate dalla legge 102/2009 di conversione del Dl 78/2009, al comma 1 estende alle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali i criteri stabiliti in tema di reclutamento del personale dall'articolo 35, comma 3, del Dlgs 165/2001 e al comma 2 prescrive alle altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo di adottare con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
Il legislatore nazionale, pur mantenendo ferma la natura privatistica dei rapporti di lavoro, sottratti alla disciplina dettata dal Dlgs 165/2001, ha inteso estendere alle società partecipate i vincoli procedurali imposti alle amministrazioni pubbliche nella fase del reclutamento del personale, perché l'erogazione di servizi di interesse generale pone l'esigenza di selezionare secondo criteri di merito e di trasparenza i soggetti chiamati allo svolgimento dei compiti che quell'interesse perseguono, come anche più volte sottolineato dalla giurisprudenza amministrativa. Questi principi, poi, sono stati di recente recepiti dal testo unico sulle partecipate, il Dlgs 175/2016, il quale pur ribadendo la non assimilabilità delle società partecipate agli enti pubblici e l'inapplicabilità ai rapporti di lavoro dalle stesse instaurati delle disposizioni dettate dal Dlgs 165/2001, ha previsto significative deroghe alla disciplina generale, che trovano la loro giustificazione nella natura del socio unico o maggioritario e negli interessi collettivi da quest'ultimo curati, sia pure attraverso il ricorso allo strumento societario.

Conclusioni
La sentenza precisa che pur in presenza di un contratto, a tempo determinato, nullo, non vi possibilità che esso venga trasformato, in assenza di una procedura selettiva, a tempo indeterminato. Infatti, una volta affermato che per le società a partecipazione pubblica il previo esperimento delle procedure concorsuali e selettive condiziona la validità del contratto di lavoro, non può che operare il principio secondo cui anche per i soggetti esclusi dall'ambito di applicazione dell'articolo 36 del Dlgs 165/2001 la regola della concorsualità imposta dal legislatore, nazionale o regionale, impedisce la conversione in rapporto a tempo indeterminato del contratto a termine affetto da nullità. Diversamente opinando si finirebbe per eludere il divieto posto dalla norma imperativa che tiene conto della particolare natura delle società partecipate e della necessità, avvertita dalla Corte costituzionale, di non limitare l'attuazione dei precetti dettati dall'articolo 97 della Costituzione ai soli soggetti formalmente pubblici bensì di estenderne l'applicazione anche a quelli che, utilizzando risorse pubbliche, agiscono per il perseguimento di interessi di carattere generale.

L'ordinanza della Corte di cassazione n. 4897/2018

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