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Concorsi, la violazione del principio dell'anonimato è vizio insanabile

di Giovanni La Banca

Nelle prove scritte dei pubblici concorsi o delle pubbliche selezioni di stampo comparativo, una violazione non irrilevante della regola dell’anonimato da parte della Commissione determina la radicale invalidità della graduatoria finale, senza necessità di accertare in concreto l’effettiva lesione in sede di correzione.
Così ha affermato il Tar Lazio con la sentenza n. 1993/2018.

La vicenda storica
Nel concorso per il reclutamento degli allievi agenti della Polizia di Stato, la Commissione di gara violava le regole di rispetto dell’anonimato, imponendo ai candidati di registrarsi alla prova con indicazione, accanto alle generalità e alla firma, del codice (segreto) della prova.
In tal modo, i commissari avevano piena conoscenza, già dal primo momento, della paternità della prova, anche in considerazione del mancato inserimento in una busta sigillata.

Le diverse ipotesi
La violazione della regola dell’anonimato nei concorsi e nelle pubbliche selezioni viene in rilievo sotto due profili.
Nell’ipotesi statisticamente più frequente si tratta di controversie innescate dalle esclusione da procedure concorsuali di candidati che abbiano apposto al proprio elaborato segni di riconoscimento.
In questo caso (violazione addebitata al candidato) la regola dell'anonimato non può essere intesa in modo tanto tassativo e assoluto da comportare l'invalidità delle prove ogni volta che sussista un'astratta possibilità di riconoscimento, perché sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi per esami scritti: non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca una particolare modalità di stesura.
E’ invece necessario che emergano elementi atti a provare in modo inequivoco l'intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il suo elaborato, che va desunta, per via indiretta o presuntiva, dalla natura in sé dell'elemento riconoscibile e dalla sua suscettività oggettiva di comportare la riferibilità dell'elaborato stesso a un determinato soggetto.
Nel diverso caso, statisticamente meno frequente, in cui la mancata osservanza della regola dell’anonimato è addebitata all’Amministrazione, nel contesto di una selezione di stampo comparativo, tale violazione è rilevante in sé, senza che sia necessario ricostruire a posteriori il possibile percorso di riconoscimento degli elaborati da parte valutatori.

La ratio della previsione
L’ordinamento non chiede che il giudice accerti di volta in volta che la violazione delle regole di condotta abbia portato a conoscere effettivamente il nome del candidato.
Se fosse richiesto un tale accertamento, lo stesso si risolverebbe, con inversione dell’onere della prova, in una sorta di probatio diabolica che contrasterebbe con l’esigenza organizzativa e giuridica di assicurare per tutti il rispetto delle indicate regole sul pubblico concorso.
In sintesi, a fronte dell’esigenza di assicurare l’indipendenza di giudizio della Commissione, non occorre accertare se il riconoscimento della prova di un candidato si sia effettivamente determinato, essendo sufficiente la mera, astratta possibilità dell’avverarsi di una tale evenienza.
L’esigenza dell’anonimato si traduce, a livello normativo, in regole che tipizzano rigidamente il comportamento dell’Amministrazione in una serie minuziosa di cautele e accorgimenti prudenziali: ciò nel rispetto dell’intento del Legislatore di qualificare la garanzia e l’effettività dell’anonimato quale elemento costitutivo dell’interesse pubblico primario al cui perseguimento tali procedure selettive risultano finalizzate.
Una condotta dell’Amministrazione che violi i principi suddetti, anche se finalizzata a precludere disfunzioni e scambio delle prove tra i candidati, supera la soglia di criticità, mettendo a rischio nel senso anzidetto tutti gli accorgimenti predisposti a livello normativo generale e di settore al fine di assicurare l’anonimato nella fase di correzione e rende illegittima tutta la procedura, trattandosi di vizio rilevante a priori e, pertanto, insanabile.

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